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SAVATORE CUSIMANO - Direttore di RAI Sicilia

Giornalista professionista dal 1987. Vincitore della borsa di studio promossa dall'azienda radiotelevisiva pubblica per la formazione di nuove leve di giornalisti nel 1980, ha svolto la sua attività al Giornale di Sicilia, da metà del 1983 all'inizio del 1986, per tornare alla Rai nell'aprile del 1986 presso la redazione di Catania. L'anno successivo è stato trasferito a Palermo. È stato inviato speciale. Corrispondente delle principali testate della Rai e del Tg1 in particolare per più di dieci anni. Si è occupato prevalentemente di cronaca nera e giudiziaria seguendo i più gravi fatti di cronaca che hanno segnato la storia della Sicilia, dal maxiprocesso alla stagione delle stragi del '92, fino al processo Andreotti. Sua la diretta per il Tg1 con le prime immagini trasmesse dalla Rai sulla strage di Capaci. È stato anche responsabile del settimanale internazionale Mediterraneo, co-prodotto da Rai, France 3 e Tv svizzera italiana. Nel 2000 è stato nominato caporedattore della TGR Sicilia, responsabile del telegiornale regionale. Nel 2003 ha assunto la guida, come caporedattore centrale, della redazione Raimed Mediterraneo. Nel 2006 è stato nominato direttore della sede siciliana della Rai. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti. Nel 1986 ha vinto il premio nazionale per l'inchiesta Mafia in corsia, messa in onda da TG2 Dossier. Negli anni successivi riceve vari riconoscimenti da enti e associazioni, fra i quali in particolare quelli della Fondazione “Gaetano Costa” , intitolata al procuratore della Repubblica di Palermo ucciso dalla mafia il 6 agosto del 1980. Nel 1997 ha vinto il premio internazionale indetto dall'Associazione europea delle televisioni mediterranee per un documentario realizzato sulla Turchia, Le sofferenze di Istanbul, e sugli intrecci fra criminalità organizzata, politica e terrorismo. Nel 1998 riceve il Premio nazionale dalla Regione Calabria per il complesso dell'attività giornalistica svolta e in particolare per la denuncia del fenomeno mafioso e delle sue collusioni politiche e istituzionali. Tra i tanti riconoscimenti anche uno della Presidenza della Repubblica per una serie di reportage realizzati nella Valle del Belice in occasione dell'anniversario del tragico terremoto del 1968. Insieme a Gian Mauro Costa ha pubblicato nel 2010 per la ERI il volume “L'isola in onda”, storia della Rai in Sicilia, raccontata attraverso le testimonianze di molti dei suoi protagonisti. Sotto la sua direzione Rai Sicilia ha completato la digitalizzazione di tutti i materiali della ex struttura dei programmi oggi disponibili sul sito www.siciliainonda.rai.it. Inoltre ha inaugurato l'Auditorium, uno spazio aperto agli eventi culturali che ogni fine settimana, da ottobre a giugno, ospita presentazioni di libri e concerti. Fra gli altri progetti realizzati durante la direzione di sede, un ciclo di web doc , documentari per la rete, sui seguenti argomenti: “La Sicilia come set” (sul ruolo indissolubile dell'isola con il cinema, dai grandi classici fino alle recenti fiction), “Le bombe su Palermo” (dedicato al 70º anniversario dello sbarco degli alleati nell'isola), “Il Presidente” (in cui viene ricostruita con interviste inedite e immagini di repertorio la vita di Piersanti Mattarella, presidente della regione ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980), “L'Autonomia difficile” (sull'attualità dello Statuto autonomistico). I web doc sono stati editati con un software innovativo che consente di approfondire il racconto lineare con innesti di approfondimenti, in un processo di aggiornamento senza fine. Nel 2015 ha realizzato il documentario “Nella terra degli infedeli”, sulla figura e l'opera dei giudici Falcone e Borsellino e sul metodo di indagine che si è rivelato centrale per la lotta alla mafia. Il documentario, della durata di 50', è stato trasmesso in prima serata da Rai Scuola il 23 maggio e l'indomani da Raitre. Da quattro anni coordina e conduce su Radio Uno, in diffusione regionale, la trasmissione di attualità “Mediterradio”, coprodotta con Rai Sardegna, con la radio pubblica della Corsica e con la radio di Malta. È responsabile anche della trasmissione “Musica Med”, realizzata presso la sede di Palermo con la collaborazione delle radio di Spagna, Corsica, Algeria, Tunisia, Marocco e della trasmissione “Isola Bella”, dedicata ai temi dell'agricoltura, del turismo e dei beni culturali. Sotto la sua direzione, la sede siciliana della Rai è stata fra le prime a completare il passaggio al digitale delle infrastrutture produttive. Per molti anni ha insegnato all'università, con corsi su Teoria e tecnica del linguaggio radiotelevisivo e Storia del giornalismo. Intensa la sua attività di promozione della legalità, attraverso la partecipazione a convegni e a incontri nelle scuole. È stato per due anni tutor nei corsi di formazione e aggiornamento per i magistrati della Scuola superiore della magistratura di Scandicci, per quanto attiene i temi del contrasto alla criminalità organizzata.

Quest’anno celebra i trent’anni di attività da giornalista professionista, tutti trascorsi in Sicilia e seguendo sempre in prima linea gli eventi che hanno segnato la storia dell’isola. Come sono cambiate, Palermo e la Sicilia, in questo periodo?

Per la verità faccio il mestiere di giornalista da molto più tempo, già dal 1981 quando ho vinto una borsa di studio alla Rai e ho cominciato il mio tirocinio presso varie redazioni italiane dell’azienda radiotelevisiva più importante del nostro paese. Sono stato molto fortunato. Ho avuto ottimi maestri e ho lavorato in una regione che proprio a partire da quel periodo è stata sempre al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione per i gravissimi fatti accaduti che hanno sconvolto l’intero paese. Fino a qualche anno fa non c’era giorno che i telegiornali e i giornali radio nazionali non ospitassero servizi dalla Sicilia e molti erano miei soprattutto al Tg1. Ho sempre fatto il cronista. Per sostituire un collega al Giornale di Sicilia, dove ho fatto un’interessante esperienza per un paio d’anni, ho cominciato a occuparmi di “nera  e giudiziaria”, quindi scrivevo di delitti e processi e appena sono approdato alla Rai è stato naturale proseguire lungo quel solco. Così, fino al 2004 almeno, ho seguito i principali processi, dal primo storico alla mafia, fino alla stagione delle stragi del 1992, e poi mi sono occupato delle grandi inchieste su mafia e politica, come quello all’ex presidente del consiglio e più volte ministro Giulio Andreotti. È stato un lavoro duro, impegnativo, a tratti rischioso, in cui ho anche vissuto forme d’isolamento, e anche doloroso. Vedere tanti morti, come sanno i cronisti di guerra (e quella contro la mafia è stata una vera e propria guerra con migliaia di morti) non ti lascia indifferente. Molte di queste persone, colleghi, poliziotti e magistrati erano, se non miei amici, persone con le quali avevo un rapporto molto stretto e ai quali ero affezionato. Poco tempo fa ho realizzato un documentario “Nella terra degli infedeli” dedicato all’impegno dei magistrati antimafia. Quelle immagini e quei ricordi hanno fatto riemergere tante emozioni e anche tante domande ancora oggi senza risposta sui responsabili degli eccidi che hanno azzerato le nostre classi dirigenti. Continuo a credere che dietro tanti omicidi soprattutto di personaggi eccellenti, magistrati e politici non ci siano solo i mafiosi ma complicità a livello altissimo. Palermo e la Sicilia tuttavia sono molto cambiate. Oggi la capitale dell’isola è vivibile, i clan criminali sono stati decimati da inchieste e arresti. Quelli che sono sfuggiti alla cattura restano nelle retroguardie in attesa di poter tornare a controllare appalti e a concludere affari. C’è una consapevolezza senza precedenti della gravità del fenomeno. Molte associazioni hanno alzato la denuncia e anche gli imprenditori e i commercianti hanno capito che è più conveniente stare dalla parte dello Stato che subire il ricatto delle cosche. Quello che è indispensabile è continuare a vigilare e non abbassare la guardia.

Nel suo libro “L’Isola in Onda”, scritto nel 2010 in collaborazione con Gian Mauro Costa, racconta la storia della RAI siciliana fin dall’inaugurazione della sede EIAR di Palermo, nel 1931. Com’è nata l’idea?

Quando sono stato nominato direttore ho ritenuto fondamentale salvaguardare la storia dell’azienda in Sicilia. Ho fatto digitalizzare centinaia di documenti in vecchi formati audiovisivi ormai inaccessibili per renderli disponibili per chi vuole conoscere la nostra terra. In quei programmi si trovano testimonianze della cultura, dell’arte, della musica, dell’attualità, della storia, del teatro della Sicilia. Basti pensare che proprio nella Struttura che coordinava le trasmissioni lavoravano i più grandi autori, artisti, musicisti, scrittori e attori siciliani noti anche a livello nazionale e faceva il regista anche un giovane di talento che poi sarebbe diventato premio Oscar, Giuseppe Tornatore. Un patrimonio di questo valore non poteva andare disperso. Secondo passo conseguente è stato quello di raccogliere le testimonianze dei “vecchi” della Rai che avevano scritto la storia dell’azienda nell’isola. Così è nato il libro Sicilia in onda, pubblicato da Rai Eri. Le loro voci hanno permesso di comprendere come sono cambiate la radio e la televisione, ma anche di rendere contagioso l’entusiasmo che questi pionieri della tv ponevano nel loro lavoro.

In che misura la radio e la televisione, in Sicilia, hanno influenzato la trasformazione sociale dell’isola?

Radio e tv sono stati i principali mezzi di informazione dell’isola. Il famoso “gazzettino”, un giornale radio della durata di 30 minuti ogni mattina alle 7,30 (ora alle 7,20) per più di mezzo secolo ha raccontato ai siciliani la politica, la cronaca, il turismo, ma anche i mali terribili che in questa terra convivono con la sua bellezza. Un tempo si diceva “l’ha detto la radio o l’ha detto la tv”. L’attendibilità della Rai era ed è sempre altissima. Il ruolo dell’azienda pubblica radiotelevisiva è stato centrale nel far crescere la coscienza antimafia, e la consapevolezza dei propri diritti contro corruzione e mala politica.  

Nel 2007 ha inaugurato l'Auditorium, uno spazio aperto agli eventi culturali che ogni fine settimana, da ottobre a giugno, ospita presentazioni di libri e concerti. Quanto ha contribuito, questa iniziativa, nel promuovere la cultura siciliana su scala nazionale ed internazionale?

L’Auditorium era una sala di registrazione abbastanza capiente ma pressoché inutilizzata.  In un’altra stanza avevamo un pianoforte. Abbiamo messo insieme le due cose e abbiamo aperto la sede Rai al pubblico. Un’iniziativa rivoluzionaria che ha suscitato inizialmente anche qualche polemica. C’era chi riteneva la sacralità del luogo violata dalla presenza del pubblico. Io ho sempre pensato invece che il nostro editore è chi paga il canone, il pubblico appunto. Dal primo concerto a oggi (ogni settimana da metà settembre a metà giugno ospitiamo appuntamenti con i libri, il cinema, la musica e i temi sociali e civili) abbiamo avuto più di seicento appuntamenti. Un contributo ritengo non indifferente alla crescita culturale dell’isola. Posso ricordare alcuni incontri con grandi magistrati che vivono sotto scorta e seguono le inchieste più delicate dell’isola, oppure le giornate dedicate ai temi della violenza sulle donne, alla “tratta” delle ragazze africane, nigeriane soprattutto. Molti di questi eventi sono stati trasmessi in diretta streaming con migliaia e migliaia di contatti. Oggi il nostro spazio continua a essere ambitissimo. Sono orgoglioso del lavoro fatto, inventando tutto da zero. Abbiamo tecnici eccellenti che si sperimentano con entusiasmo e che sono diventati un punto di riferimento anche per produzioni nazionali. Abbiamo anche ospitato un paio di volte la poesia del vostro paese. Pomeriggi davvero emozionanti.

Palermo è la capitale italiana dei giovani per il 2017 e sarà la capitale italiana della cultura per il 2018. Condivide questi riconoscimenti?

Condivido la scelta di Palermo. È un riconoscimento allo straordinario lavoro fatto in questi anni  non solo dagli amministratori ma anche da magistrati, dell’ordine, associazionismo per cambiare il volto della città. Fino a tutti gli anni ’80 la mafia governava anche il consiglio comunale. Mezzo secolo di governo criminale delle istituzioni. Oggi Palermo è una città piena di eventi culturali, con una movida paragonabile a quella di molte altre città europee che non hanno vissuto i nostri drammi, con monumenti di valore inestimabile e un centro storico fra i più vivibili al mondo.

Da anni il Sindaco Orlando si sta battendo anche per una Palermo più europea ed internazionale. A suo avviso, la città è pronta per ricoprire questo ruolo?

Palermo è la città dell’accoglienza. Qui le culture convivono senza scontri. Il razzismo non sappiamo cosa sia. In una Europa dove si erigono muri e vige il sospetto, Palermo mostra la forza del dialogo e si presenta come la capitale morale di una zona di frontiera che sa discutere e accettare le differenze. Non è un caso che la sua storia e le sue bellezze siano il frutto dell’incontro fra la riva sud e quella nord del mondo.

Come coordinatore e conduttore di Radio Uno collabora regolarmente con diversi paesi del Mediterraneo. In un periodo in cui il Mare Nostrum è di nuovo al centro del mondo come possono, la Sicilia e l’Italia, fare la differenza?

La Sicilia è uno dei laboratori più avanzati del dialogo. Come lo erano la Gran Bretagna prima della brexit e gli Stati Uniti prima di Trump. Qui africani, arabi, mediorientali, pakistani, srilankesi, palestinesi, maghrebini hanno trovato una casa, un lavoro, hanno imparato a mangiare panelle e arancine e ci hanno insegnato a gustare cous cous e cibi una volta considerati esotici. Le loro danze si  mischiano con quelle tradizionali in costume siciliano e persino i riti religiosi si ibridano e si rispettano. Era dunque naturale che una trasmissione televisiva come “Mediterraneo”, e radiofonica come “Mediterradio”, nascessero in questa terra. La seconda, ospite di Radio Uno, ha avuto come partner Malta e ora ha la Tunisia. Le cronache del nostro collega di Radio Tunis oggi sono quanto di più interessante e libero si possa immaginare e arricchiscono le nostre conoscenze e  costituiscono un prezioso scrigno di informazioni per gli imprenditori che intendono investire nel nord dell’Africa, a poche miglia di mare dalla Sicilia, o per i politici che intendono valorizzare questo ruolo di cerniera fra l’Europa e il sud del mondo. Per tanti anni i colleghi di “Mediterraneo” e di Raimed (il canale in italiano e in arabo, purtroppo adesso chiuso) sono stati gli unici a poter raccontare dalla riva sud i grandi cambiamenti e le ambizioni, la vera vita, i sogni e le speranze di popoli ai quali molti mezzi di comunicazione occidentale riservano attenzione soltanto in presenza di conflitti.

Tra i progetti da lei realizzati vi è anche quello della “Sicilia come set”, incentrato sul ruolo indissolubile dell'isola nel cinema, a partire dai grandi classici e fino alle recenti fiction. Perché il mondo del cinema è così attratto dalla Sicilia?

La Sicilia è un set naturale. Le sue forti passioni, i suoi contrasti di luce, le sue bellezze naturalistiche, l’armonia dei suoi centri storici, i suoi riti spesso tragici non possono che costituire altrettanti soggetti per il cinema e le fiction. Poi c’è il cartesianesimo dei siciliani, la loro voglia di razionalità e di riflessione, che anima molta della letteratura siciliana, a cominciare da quella sciasciana. I libri di questi autori hanno dato tanto all’Italia e al mondo, hanno anche offerto suggestioni fortissime, liberando l’isola da ogni forma di provincialismo. E i mali atavici, a cominciare dalla mafia, hanno impegnato registi di valore e spesso rimangono anche da sfondo alle serie come quelle del commissario Montalbano, del grande Andrea Camilleri, oggi uno dei personaggi più noti al mondo e una straordinaria intuizione anche di Rai Uno che da anni porta le storie del commissario in prima serata sempre con ascolti record.

(Intervista pubblicata sul Volume 5 di CIAOPRAGA)