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IL SIGARO – Il fascino del fumo lento tra rituali antichi e ritmi d’altri tempi

Se tua moglie non ama il profumo dei sigari, cambia moglie! Così affermava Zino Davidoff, mercante di tabacco di origine ucraina ed inventore, attorno agli anni Quaranta, dell’umidificatore da scrivania. Precursore di una passione che è divenuta, nel tempo, un’autentica filosofia di vita, Davidoff era dell’idea che nei gesti lenti, degni, misurati del fumatore di sigari si potesse ritrovare un ritmo dimenticato e ristabilire una comunicazione con se stessi.

Winston Churchill, Che Guevara, John Fitzgerald Kennedy, Fidel Castro, Sigmund Freud, John Belushi, Hemingway, Al Capone ed il Tenente Colombo sono solo alcuni dei personaggi amanti di questo aromatico rotolo di foglie di tabacco: una passione che viene da lontano e che rappresenta, ormai, una vera e propria arte, accompagnata da affascinanti ed antichi rituali.

Si ritiene che la pianta del tabacco sia originaria degli altopiani andini, in Sudamerica, e che raggiunse i Caraibi circa duemila anni prima di Cristo. Da sempre utilizzata nelle pratiche magiche, religiose e mediche degli indios, cominciò a circolare tra il nuovo ed il vecchio continente a partire dal XVII secolo.

Annotava Cristoforo Colombo sul suo diario, il 6 novembre 1492, durante la sua prima esplorazione dell’isola di Cuba: “... Ci sono sempre uomini con un tizzone in mano ed erbe essiccate, infilate in una foglia secca come in un moschetto… Accendendolo da un capo, dall’altro succhiano, assorbono e ne respirano il fumo, con il quale si intorpidiscono e quasi si ubriacano per non sentire la fatica: quei moschetti, li chiamano sigari”.

E fu proprio il tabacco di Cuba ad essere immediatamente riconosciuto come quello di migliore qualità. Ancora oggi l’isola caraibica conferma la propria egemonia nel settore: non è un caso, infatti, che il sinonimo di sigaro sia la parola “avana”, così come l’omonima capitale. Tuttavia, negli ultimi anni sta aumentando nettamente la concorrenza qualitativa e quantitativa di altre regioni del mondo, in grado di produrre sigari spesso meno costosi e, in alcuni casi, di fattura anche superiore: tra queste, si distinguono in particolare la Repubblica Dominicana ed il Nicaragua.

Malgrado gli effetti nocivi del tabacco sulla salute siano ormai noti, il consumo del sigaro non accenna a diminuire. Anzi, questo oggetto si è trasformato oggi quasi in un culto, associato immancabilmente al lusso, all’eleganza e allo stile.


Il sigaro cubano e l’arte del fumo lento  

Armando Cappuccio

Armando Cappuccio, 42 anni, grande amante di sigari, ci introduce a questo mondo affascinante e, per certi versi, un po’ misterioso:

“Quella per i sigari per me è una passione ma non uno scherzo. Accomunerei questo mondo pieno di significati a quei pochi amori, vizi, dell’universo maschile che riescono ad avvolgere completamente e dai quali difficilmente si vuole uscire.

A livello professionale, sono direttore generale di un’azienda che si occupa di lavori e manutenzioni in tutta Italia, mentre a livello personale coltivo molteplici interessi. Faccio parte di un ordine cavalleresco che esplora le “porte” dell’universo-uomo: quel gentleman di un tempo che, ormai a fatica, si ritrova nella vita di tutti i giorni. Amo lo stile di vita semplice ma elegante, colleziono orologi e sigari. Sono un catador riconosciuto dall’Associazione Cigar Club ed ho partecipato a numerosi corsi di formazione sul sigaro, come quello Habanos, organizzato dall’importatore italiano di cubani.

La mia passione per i sigari è sbocciata nel 2014, durante una vacanza all’Avana. Era parecchio tempo che provavo ad affacciarmi a questo mondo, anche invogliato da mia moglie che vedeva nel sigaro uno accessorio elegante per l’uomo. Oggi mi ritrovo a possedere un’ampia collezione privata e credo sia la dimostrazione che questa passione riesce ad avvolgere quanto le volute blu del fumo di ogni puff. Lo trovo un fatto curioso, soprattutto considerando che non ho mai fumato una sigaretta in vita mia.

Negli ultimi anni ho fondato Jeppy Style, un progetto nato un po’ per gioco e che, partendo dalla mia pagina Instagram, è poi sfociato su Facebook fino a trasformarsi in un sito internet. Ho scelto il nome “Jeppy” ispirato da un episodio singolare indipendente dal mondo dei sigari ma che, in seguito, ha finito per caratterizzarlo: guardando La Grande Bellezza di Sorrentino fui colpito dalla storia di Jep Gambardella, un napoletano trasferitosi – così come me – a Roma in giovane età. Nella parte iniziale del film, il protagonista fa riferimento alla cosa che gli piaceva di più da ragazzo: “l’odore delle case dei vecchi”.  Una coincidenza incredibile: durante la mia adolescenza, infatti, mi faceva impazzire l’odore che, a casa dei miei nonni, si sprigionava dall’ascensore fino alla sala da pranzo; un profumo che ricordo ancora oggi. La storia di Jep mi ricordò così  tanto la mia che, da allora, decisi che il suo stile doveva rappresentare il mio.

Del sigaro amo ogni singolo aspetto, a cominciare dalla nascita fino al momento della sua degustazione. Un sigaro nasce e sboccia con l’amore, quello di un veguero, un coltivatore che ama la sua terra e cresce il tabacco con una passione simile a quella con cui si crescono i propri figli. Parlando in termini più pratici, un sigaro nasce nel momento stesso in cui si inizia a preparare il campo per poi arrivare al raccolto.

A Cuba, culla del miglior tabacco al mondo, ad aprile si scelgono i terreni; il periodo da maggio fino a metà ottobre è quello delle piogge; i campi si preparano tra giugno ed agosto; a settembre i semi iniziano a germogliare fino a diventare piante, ad ottobre. La maturazione avviene con la stagione secca e, a partire da dicembre, inizia la raccolta, che si conclude in genere a fine febbraio: in questo periodo si celebra il nuovo raccolto con un festival annuale che ha luogo all’Avana.

Ogni singola fase è importante per definire le qualità di un sigaro. Nella prima, quella che porta dal campo al raccolto, contano l’irraggiamento solare, il vento, la temperatura e la piovosità, l’umidità relativa ed il terreno: fattori che, proprio a Cuba, raggiungono quel culmine di perfezione che, in maniera chimica e magica allo stesso tempo, riescono a creare il tabacco migliore al mondo.

Le fasi successive, invece, iniziano dopo il raccolto e riguardano la cura e la fermentazione delle foglie, prima che queste vengano rollate dalle mani esperte del torcedor per diventare i gioielli che tanto amiamo.

Quando ci riferiamo al sigaro cubano parliamo esclusivamente di foglie intere, in gergo a tripa larga.

A Cuba ci sono ben quattro fasi di fermentazione, che vanno dai 20 ai 90 giorni, ed una fase di invecchiamento, che va da un minimo di sei mesi fino a due anni, per la produzione standard, e di almeno tre anni per i sigari “reserva”. Il sigaro cubano è un puro, ovvero prodotto esclusivamente con foglie provenienti da una stessa nazione o regione produttiva. La ricetta, o ligada, è la combinazione delle diverse foglie che compongono il sigaro, è diversa per ogni marca ed è a conoscenza esclusiva del maestro ligador.

L'arte di fumare il sigaro si contraddistingue, da sempre, per una serie di rituali antichi e curiosi. Una volta esisteva addirittura la smoking jacket, creata appositamente per questo scopo, ma oramai non si usa più. Sicuramente, però, l’abbigliamento è una componente importante di questo rito e non potrei mai immaginare un gentiluomo che fuma un avana in canottiera!

Un luogo in Italia dove si possono ritrovare gli standard tipici del gentiluomo inglese è lo Smoking in Rome, l’unico gentleman club italiano con una sede che rispecchia la vera essenza del mondo del sigaro e di cui mi onoro di essere socio organizzatore. Da quasi due anni è anche diventato la prima lounge privata al mondo riconosciuta da Habanos SA, il brand che racchiude i 27 marchi di sigari attualmente prodotti a Cuba.

Taglio e accensione sono fondamentali per degustare sin dall’inizio il sigaro ma, prima ancora, ritengo sia importante gratificare gli altri sensi, ovvero la vista, il tatto e l’udito, attraverso una serie di altri gesti: guardare la capa (o foglia di fascia, ovvero quella più esterna del sigaro), apprezzare la perfezione della costruzione e la setosità, ascoltare il rumore delle foglie tra le dita, diventano l’anticamera del piacere che si avrà con l’accensione.

Il taglio deve essere minimo, di pochi millimetri, per consentire alle labbra di godere della rotondità senza nessuno spigolo. Tra gli strumenti utili al taglio esistono forbici, ghigliottine, spuntasigari e incisori a cilindro: l’importante è avere il massimo rispetto per il nostro amico sigaro.

L’accensione, infine, è davvero importante: sin dall’inizio, infatti, si andrà ad influenzare la qualità totale della fumata. Si dovrà porre una fiamma neutra, senza odori (quindi mai usare una candela), vicino al piede del sigaro fino a veder formare un vero e proprio braciere uniforme. Solo allora si potrà portare il sigaro alle labbra e fumare.

Suggerisco di adottare un ritmo di fumata lento, che non vada a surriscaldare il sigaro; quindi, puff distanziati ma decisi, senza provocare un innalzamento della temperatura che andrebbe ad alterare le caratteristiche organolettiche del prodotto.

Il sigaro incarna in pieno il lifestyle di classe. Sicuramente, infatti, l’avana non è un prodotto di massa. Il fatto di essere un piacere per pochi genera due tipologie di fruitori: i veri gentiluomini, oppure coloro che cercano gusto e raffinatezza in tutto ciò che fanno. E fumare un avana può dare la medesima soddisfazione di collezionare orologi esclusivi, acquistare il quadro di un artista noto, partecipare ad una corrida a Siviglia o farsi cucire un abito su misura da un sarto napoletano: in poche parole, vivere secondo i canoni dell’eleganza, e con questo intendo un vero e proprio modo di essere e di porsi.

A volte, però, accade che non si sia alla ricerca del buongusto ma solo dell’ostentazione, o dell’apparire. In un mondo sempre più globalizzato, una serie di piaceri un tempo sconosciuti alla massa sono diventati ad uso comune e ci si può imbattere in scene spiacevoli, come il consumo di un avana nello stesso modo di una semplice sigaretta: così, però, sparisce la poesia.

A chi vuole avvicinarsi seriamente a questo mondo, consiglio di rivolgersi ad associazioni riconosciute a livello sia nazionale che internazionale, come la Cigar Club Association, per usufruire di corsi di formazione dedicati al fumo lento, oppure di eventi specifici da loro organizzati. A livello amatoriale, invece, basta recarsi da un tabaccaio specializzato, farsi guidare ed iniziare a provare tutti i tipi di sigari, per poi poter scegliere quello più adatto al proprio gusto personale. Io ho scelto il cubano”.

 

Professione catador: il sommelier dei sigari

Luigi Palo

Luigi Palo, 47 anni, è un Catador originario di Salerno ed oggi residente a Battipaglia. In realtà, sarebbe più corretto definirlo un cittadino del mondo, amante dei viaggi, del buon vivere e di tutto ciò che c’è di bello nel mondo, senza seguire particolari correnti ma solo il cuore, l’intuito  ed il buongusto. Appassionato di motociclismo, orologi, arte, distillati e profumi di nicchia, moda, cibo e cultura, ha saputo convogliare molti dei suoi interessi in quella che, partendo da una passione si è oggi trasformata in una vera e propria professione: il catador o sommelier dei sigari, di cui è anche un grande collezionista.

Il catador, all’interno di una fabbrica di sigari, è colui che si occupa della degustazione sensoriale di un sigaro, dopo che il torcedor lo ha arrotolato: in altri termini, potremmo definirlo il responsabile del controllo di qualità. Ma Luigi ci spiega meglio:

“Il Catador è un maestro conoscitore ed amatore del sigaro che possiede le stesse competenze di un sommelier di vini. Ne conosce zone di provenienza,  terroir, marche, formati, vitole, ma non solo: è anche in grado di analizzare i tre terci di fumata del sigaro con un’analisi sensoriale e ne cura gli abbinamenti con distillati o cibo per esaltare le sue caratteristiche organolettiche.

In Italia questa professione è ancora poco conosciuta ma sta iniziando a diffondersi sempre di più. Io sono socio del Cigar Club di Ischia e Napoli, che fa parte del circuito della Cigar Club Association, oltre che membro attivo dell’Accademia del Fumo Lento, e posso ritenermi una persona fortunata perché ho la possibilità di dedicarmi con passione ad un’attività che amo davvero.

Per diventare Catador occorre innanzitutto avere motivazione e passione. Io ho iniziato conseguendo alcuni diplomi: tra i quali l’Habanos, il Davidoff ed il Diploma di Valutatore Esperto rilasciato da Vectis, una società che si occupa di analisi sensoriale e ricerche sul fumo. Possiedo anche numerosi attestati e riconoscimenti ma, in Italia, l’unica organizzazione che rilascia ufficialmente il Diploma di Maestro Conoscitore del sigaro a fine corso, e solo dopo il superamento di un esame scritto e orale, è la Cigar Club Association. Una volta ottenuto questo titolo, comunque, non si finisce di imparare. Al contrario, io continuo a documentarmi leggendo e ampliando le mie conoscenze, cercando di pormi sempre con umiltà. Se oggi ho raggiunto determinati risultati, comunque, lo devo principalmente al mio mentore e maestro, il Blender ed esperto Vincenzo De Gregorio. 

Come accennato poc’anzi, il Catador (da Cata, in spagnolo) si occupa di guidare la fumata collettiva durante l’evoluzione del sigaro, che è composta da tre fasi, o “terci”; questo, indipendentemente dal fatto che si tratti di un puro (cubano), un caraibico (principalmente nicaraguense, dominicano oppure honduregno), un troncoconico o un bitroncoconico (italiano). Un altro compito è quello di curare l’analisi sensoriale del sigaro e di individuarne le caratteristiche (forza, aromi, combustione, tiraggio). Il catador si occupa, inoltre, del taglio attraverso l’utilizzo di diversi tipi di cutter o puncher e cura la cosiddetta apertura, o preaccensione, con jet flame professionali, fiamma dolce o cedro naturale, tagliato al momento, porgendo al fumatore il sigaro già acceso e pronto per la degustazione.

Un altro aspetto del ruolo del catador è quello di introdurre i neofiti al complesso mondo dello slow smoking, spiegando provenienza e vitole dei sigari inclusi in un determinato cigar menu, oppure consigliando abbinamenti con cioccolato e distillati.

Nel mio caso, curo da diversi anni fine cena importanti (in collaborazione con società di catering o wedding planner di rilievo), che includono un percorso emozionale con sigari, distillati, cioccolato e profumeria artistica.

In molti mi chiedono qual è il sigaro migliore del mondo. Questa è una curiosità piuttosto diffusa ma credo che la risposta sia molto soggettiva e personale, perché varia a seconda del gusto individuale. Esiste, però, una differenza notevole tra sigari di buona fattura, realizzati con maestria da ligador o sigaraie, e sigari anonimi, o di qualità più scadente.

Mi permetto, invece, di suggerire degli abbinamenti piuttosto diversi tra loro ma che, a mio avviso, possono soddisfare un ampio spettro di gusti: nel primo caso, abbinerei un Montecristo Dantes E.L. 2016 di Diadema con uno Champagne Initial Selosse;  nel secondo caso, accompagnerei un Nicarao Esclusivo E4 di Cigars & Tobacco con un Armagnac Baron de Sigognac del 1995; nel terzo caso, infine, sposerei un Affinato di  Compagnia Toscana Sigari ad un Nucillo E'Curti cru Vesuvio, prodotto dal mio caro amico Vincenzo D'Alessandro.

A  chi vuole conoscere meglio il meraviglioso mondo dei sigari, così come a chiunque desideri fare qualcosa, nella vita, per crescere e migliorarsi, voglio ricordare la massima che amo di più in assoluto: la vera nobiltà consiste nell’essere superiori a chi eravamo ieri”. 

 

Immagine di Armando Cappuccio pubblicata per sua gentile concessione

Immagine di Luigi Paolo a cura di Angela Avagliano