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DANTE BRANDI - Intervista al Console Generale d'Italia ad Ho Chi Minh City

Dante Brandi è il Console Generale d’Italia a Ho Chi Minh City dal marzo 2018. Precedentemente aveva ricoperto diversi incarichi presso il Ministero degli Affari Esteri a Roma, nonché presso le Ambasciate d’Italia ad Hanoi (2001), Sofia (2002-2006) e Washington, DC (2007-2010). Dall’agosto 2013 al marzo 2018 è stato Primo Consigliere per gli Affari economici presso l’Ambasciata d’Italia a Londra e Direttore esecutivo aggiunto per l’Italia alla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.

Buongiorno, Console Brandi. Dal 2018 si trova a rappresentare l’Italia a Ho Chi Minh City, una delle città più dinamiche d’Asia e del mondo, dove l’età media della popolazione è di trent’anni. Provenendo da un’altra città molto dinamica, Londra – dove era responsabile dell’Ufficio Economico all’Ambasciata Italiana – qual è stato per lei l’impatto di questa nuova esperienza, anche considerando il suo precedente passaggio in Vietnam durante il tirocinio presso l’Ambasciata d’Italia a Hanoi, nel 2001?

L’impatto è stato esaltante. Una miscela di stimoli e consapevolezze nuovi, amplificati dall’evoluzione, che assomiglia molto ad un salto quantico, rispetto al Vietnam del 2001. Gli stimoli sono quelli che derivano dall’immersione in una realtà dinamica e completamente diversa da Londra (ma anche dall’Italia) sia per cultura che per età media della popolazione. Le responsabilità sono invece legate alla guida dell’unico Consolato Generale d’Italia in tutta l’area del Sud-Est asiatico, che ambisce a rendersi punto di riferimento per i connazionali e per gli interlocutori vietnamiti della metà sud del Paese.

Quanti italiani sono presenti a Ho Chi Minh City, e quali sono le caratteristiche di questa comunità?

La comunità è ancora relativamente piccola, circa 500 connazionali in tutta la circoscrizione consolare, di cui quasi 400 a Ho Chi Minh City. Si tratta di una comunità dinamica, caratterizzata da figure professionali di alto livello in vari settori, che in molti casi hanno scelto questo Paese per percorsi di crescita personali e professionali. La tendenza è comunque quella ad un aumento, a riprova della lungimiranza delle istituzioni italiane nella decisione di apertura di questo Consolato Generale.

Quali sono le attività o gli appuntamenti organizzati dal Consolato Italiano per la comunità italiana e locale, anche in sinergia con altre istituzioni italiane?

Siamo impegnati in attività di vario genere, di natura promozionale, culturale, comunicativa, tutte svolte in coordinamento con gli altri attori del Sistema Italia in Vietnam e rivolte soprattutto ai giovani. Da due anni il Consolato Generale è partner della Vietnam International Fashion Week, vetrina di moda per designer locali ma anche opportunità di rendere sempre più visibile il Made in Italy qui tanto apprezzato. Analogamente, l’Italian Design Day, che non si riduce mai ad un solo giorno o a un singolo evento, costituisce un appuntamento immancabile nella nostra programmazione, visto il dinamismo di settori come le costruzioni, l’automotive, l’arredo, la moda e vista la considerazione che qui si nutre per una “superpotenza” del design come l’Italia. Le Settimane della Lingua e della Cucina italiane, in autunno, rispondono ad analoghe domande di Italia che questa piazza formula in modo crescente. La particolare vocazione economica di Ho Chi Minh City giustifica infine le serie di conversazioni che questo Consolato Generale organizza a cadenza regolare tra imprenditori italiani attivi in Vietnam e giornalisti economici locali. Una iniziativa che ambisce a fornire quella corretta immagine di una Italia campionessa di manifattura esportatrice, di alte tecnologie e di investimenti attenti agli standard di sicurezza, qualità produttiva e benessere del personale, senza limitarne l’associazione alle tre F di food, fashion e furniture.

Questo è un ‘giovane Consolato’, aperto nel 2014. Che ruolo ricopre rispetto all’Ambasciata di Hanoi, e quali sono gli obiettivi più importanti che si è prefissato di raggiungere?

Questo Consolato Generale agisce in stretto coordinamento con l’Ambasciata ad Hanoi, da cui dipende, con il comune obiettivo di portare più Italia in Vietnam. Oltre ai servizi consolari per la collettività italiana e ai visti per i cittadini vietnamiti, buona parte dell’attività si concentra sulla promozione e proiezione dell’Italia e della sua immagine (economica, sociale, culturale e turistica). Gli obiettivi, certamente sfidanti, sono quelli di raggiungere una platea di giovani e giovanissimi. Diventa quindi importante saper comunicare e trasmettere l’Italia, i suoi valori, la sua cultura e le sue opportunità ai millennial vietnamiti, attraverso uno sforzo di comunicazione che esercitiamo ogni giorno, specialmente sui social media.

Lei ha fatto visita al Dipartimento di Studi Italiani della ‘University of Social Sciences and Humanities’ all’interno dell’Università Nazionale del Vietnam a Ho Chi Minh. Che ruolo ricoprono, in questo momento, la cultura e la promozione della lingua italiana in Vietnam?

Un ruolo di crescente importanza nell’azione di proiezione dell’Italia di cui parlavo sopra. Proprio perché rivolta ai giovani, l’attività di insegnamento dell’italiano costituisce un veicolo formidabile di conoscenza e attrazione verso il nostro Paese. La collaborazione con l’Università di Scienze Sociali di HCMC risponde a questo obiettivo e si sta consolidando. Come il Consolato Generale, infatti, anche il Dipartimento di Italianistica alla USSH è relativamente giovane. Siamo quindi fortemente impegnati ad accompagnarne la crescita e favorirne i legami con l’Italia, garantiti in primo luogo dal collocamento di una insegnante selezionata con il programma del MAE “Laureati per l’Italiano”.  A ciò si aggiunge una azione più ampia, alla ricerca di opportunità per inserire l’insegnamento dell’italiano anche in scuole primarie. Sull’educazione, infatti, il Vietnam sta giustamente puntando molte risorse, sia pubbliche che private. Ne è un esempio l’iniziativa della fondazione Embassy Education di Saigon, che ambisce a istituire scuole primarie e dell’infanzia con il metodo didattico-pedagogico di Reggio Children.

Considerando che la crescita economica del Vietnam è stata, nel 2018, del 7.1%, ci si aspetta – con l’affermarsi della classe media – una maggiore mobilità della popolazione, desiderosa di viaggiare e scoprire nuovi luoghi, com’è successo con la Cina. In questo senso, l’Italia è pronta ad accogliere il nuovo flusso turistico? Cosa si sta facendo in Vietnam per promuove il turismo italiano?

L’attrazione di turisti vietnamiti verso il nostro Paese è parte prioritaria dello sforzo di promozione che il Sistema Italia profonde in Vietnam. Proprio le caratteristiche di una giovane popolazione, sempre più urbanizzata e dalla disponibilità reddituale crescente, suggeriscono una azione mirata al cosiddetto turismo “mono-country”, cioè ai viaggi riservati ad un solo Paese europeo, Italia in primis, rispetto ad un mercato abituato invece a compattare più destinazioni in un unico periplo europeo. Una sensibilizzazione, quindi, sul turismo come esperienza, che nell’Italia vede una delle massime espressioni in assoluto a livello mondiale.

Parlando, invece, del processo inverso, cosa potrebbe maggiormente convincere un imprenditore italiano a investire e/o a trasferirsi in Vietnam?

Diversi fattori, a partire dal ritmo di crescita di questo Paese e dalla progressiva evoluzione di un’economia che non si limita più ad essere una piattaforma produttiva dal basso costo del lavoro, ma è ormai diventata un mercato di quasi 100 milioni di consumatori, con disponibilità di spesa crescenti. Vi si aggiungono le prospettive di ulteriore integrazione commerciale offerte dalla possibile entrata in vigore dell’accordo di libero scambio con l’Unione Europea.

Il Vietnam, la sua storia e la sua cultura. A livello personale, che cosa maggiormente l’affascina di questo Paese?

Fa sempre un grande effetto su di me la capacità di questo Paese e del suo popolo di guardare avanti e lasciarsi indietro pagine difficili della propria storia. Mentre in Europa e in Occidente continuiamo ad associare l’immagine del Vietnam alla guerra con gli Stati Uniti (l’unica guerra della storia raccontata dai vinti, come ha giustamente osservato qualcuno più autorevole di me), il Vietnam è stato capace come nessun altro al mondo di superare il trauma bellico e prendere in mano il proprio destino. Un paradigma di sviluppo e crescita che si è giovato quindi di una cultura rara: quella della lungimiranza. Che non significa perdere la memoria storica, ma elaborarla in senso costruttivo. Oggi su questa caratteristica influiscono certamente motivi generazionali, visto che la gran parte della attuale popolazione è nata dopo la fine del confitto, ma si tratta comunque di un tratto culturale profondo del Paese, che mi ha colpito sin dal mio primo viaggio nel 2001.

Al termine del suo mandato in Vietnam, in quale altra parte del mondo le piacerebbe poter rappresentare l’Italia?

Al termine di questo mandato, che segue la mia missione a Londra, farò rientro in Italia, per un periodo di almeno due anni. Qualsiasi sarà l’incarico, sono sicuro non mancherà lo stimolo a costruire ponti, nonché intensificare e coltivare contatti, che resta la filosofia con cui cerco di interpretare questa professione. Di sicuro sarà anche un periodo in cui potrò costruire al meglio i successivi incarichi all’estero, in Paesi e quadranti dove spero di poter mettere a frutto l’esperienza che sarò riuscito ad accumulare.

In copertina: Il Console Generale Dante Brandi

Immagini per gentile concessione del Consolato Generale d’italia a Ho Chi Minh City