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IL PICCOLO PRINCIPE - Antoine de Saint-Exupéry e la metafora della vita

Il 29 giugno 1900, nella città francese di Lione, nasceva lo scrittore Antoine de Saint Exupéry. Centoventi anni dopo la sua nascita, si festeggia questa ricorrenza ricordandolo come uomo, come eroe ma, soprattutto, per essere l’autore di una delle opere più emblematiche della storia della letteratura: Il Piccolo Principe.

L’infanzia di quest’uomo romantico è piuttosto difficile: a quattro anni perde la figura paterna; a quel punto sua madre, infermiera rimasta vedova e con poche risorse economiche, non può far altro che chiedere aiuto a una prozia benestante e aristocratica affinché le dia una mano a crescere i suoi cinque figli.  

Appena finite le scuole, Antoine decide di dedicarsi al servizio militare di carriera e, nel 1921, diviene pilota. Da questo momento in poi, l’aereo si trasforma nella sua casa, ovvero nell’unico luogo in cui si sente veramente libero di essere se stesso, senza quegli inutili pesi che soffocano la sua creatività, rallentandone l’iter di crescita personale.

L’impulso alla scrittura sorge in tenera età: a soli sei anni scrive due poesie d’amore per una bella giovane di nome Odette.

L’entusiasmo per la parola scritta è sempre stato presente nell’anima di Antoine, sebbene in alcuni momenti lo abbia accantonato per approfondire altri interessi imminenti, quali il volo. La sua passione letteraria sboccia definitivamente verso la fine del 1927, con la pubblicazione sui giornali francesi di alcuni racconti (tutti ispirati alle sue esperienze di aviatore) e con l’ottenimento, nel 1931, di un meritato riconoscimento  - il Premio Femina - per Vol de nuit (“Volo notturno”), di cui si gira anche un adattamento cinematografico a Hollywood, con Clark Gable come interprete principale.

La vita di Saint-Exupéry è costellata da tanti eventi che lo portano a vivere esperienze di ogni sorta in varie parti del mondo. Durante una di queste avventure s’innamora perdutamente di colei che sarà la sua “rosa dalle quattro spine”, la donna per sempre amata e anelata: la franco-salvadoregna Consuelo Suncín.

Durante l’occupazione tedesca di Lione, Saint-Exupéry va a vivere a New York, città nella quale, per 27 mesi ininterrotti, scrive Il Piccolo Principe, il libro che lo renderà internazionalmente famoso e che, ancora oggi, è tra i più letti e tradotti al mondo.

Pubblicato a New York il 6 aprile 1943 in un’edizione doppia (originale in francese con traduzione in inglese), il libro si fregia degli acquerelli autentici dipinti dall’autore che “da piccolo” voleva diventare un grande artista. Convinto di non poterlo fare al meglio, o forse perché consigliato in tal senso da altri, decide di non proseguire i suoi studi presso la Scuola delle Belle Arti di Francia.

Questo sentimento di insoddisfazione affiorerà nelle pagine della sua opera. Eppure, sono proprio quei suoi disegni, quella figura delicata con i capelli biondi e la sciarpa svolazzante, quei pianeti - a volte solo abbozzati - intorno ai quali compaiono il sole, la luna e le stelle, e sui quali vivono la maggior parte dei personaggi che ci accompagnano nella storia, ad offrirci un’impareggiabile (nonché magica) dimensione visiva. Abbinate a questa, le parole usate dall’autore acquistano un’enorme forza comunicativa, pur con la semplicità stilistica tipica di un linguaggio per bambini.

Tutti noi che abbiamo letto il libro sappiamo che, in realtà, Il Piccolo Principe non è la classica favola per bambini, nonostante vi sia l’impiego di strumenti narrativi che ben si adattano ai racconti infantili.

Il Piccolo Principe è un libro che, se letto in diversi periodi della nostra esistenza, assume valori e significati diversi, proprio come se si trattasse di aprire una matrioska: ad ogni nuova apertura se ne ritrova una più piccola ma altrettanto importante. Si passa quindi da una lettura superficiale (tipica dell’atteggiamento infantile, attratto dalla magia delle parole) a una sempre più approfondita, dove le pagine - che sono state oggetto di studio per molti pedagoghi e filosofi - ci rivelano simbologie e teorie.

Il libro trae spunto da un incidente realmente avvenuto nel dicembre 1935, quando l’aereo di Saint-Exupéry cade nel deserto libico e, tra le dune di sabbia e le allucinazioni provocate dalla disidratazione, si fa strada in lui la necessità di raccontare se stesso in una situazione estrema; il che, ben si adatta alla riflessione sull’esistenza e sulla sua condizione di uomo.

Tutti noi conosciamo il viaggio che intraprende il nostro piccolo amico, fuggendo dal suo asteroide B612. Un viaggio in cui incontra diversi esseri umani, piante, animali, tutte proiezioni di una simbologia ben determinata: rappresentano, infatti, le varie sfumature dell’animo umano e delle relazioni umane, che ci possono regalare una grande ricchezza emozionale ma anche creare dipendenza e, quindi, impoverire la nostra essenza.

I due protagonisti del libro sono il piccolo principe e l’aviatore, il quale si perde nel deserto e incontra il piccolo essere, con cui inizia a instaurare un dialogo. Questi personaggi sono, in realtà, gli alter ego dello scrittore: il primo rappresenta la sua fanciullezza e quel desiderio di osservare il mondo attraverso gli occhi dell’innocenza e della sorpresa, ponendosi mille domande, incuriosito dalla vita che lo circonda, mentre il secondo è l’uomo adulto, che spesso non riesce a vedere oltre il proprio naso perché, con il trascorrere degli anni, ha perduto quella freschezza emozionale che lo renderebbe sicuramente più felice e sereno.

Nel raccontare il suo viaggio all’aviatore e alla volpe (quest’ultima rappresenta l’amicizia vera, quella che ha necessità di essere “addomesticata” per sussistere ed essere “unica al mondo”), il piccolo principe adotta un linguaggio diretto.

Il dialogo è parte essenziale della narrazione e dà un’impronta vivace e convincente al pensiero dei vari personaggi che si avvicendano nella storia. Così, iniziamo a scoprire l’affascinante mondo del Piccolo Principe ed esploriamo pianeti e asteroidi abitati da personaggi eccentrici, che confermano ancor di più al nostro piccolo uomo quanto il mondo degli adulti sia insensato, perché questi sono sempre occupati a risolvere problemi più o meno importanti e si dimenticano che la vita è una sola e vale la pena di essere vissuta in ogni suo respiro.

Nel suo percorso verso la Terra, il principe si imbatte in vari personaggi, tra cui un re che vuole esercitare il proprio potere, un uomo d’affari che vuole possedere tutte le stelle dell’Universo, un vanitoso che vuole ricevere sempre e solo elogi...

Tutti questi personaggi rappresentano delle caratteristiche tipiche degli esseri umani: caratteristiche sulle quali è necessario soffermarsi a riflettere. Per tutto il tempo del viaggio, il pensiero del piccolo principe è sempre rivolto a lei, la sua “rosa”.

Quando decide di partire dall’asteroide natio per scoprire altri pianeti la rosa, quella che lui aveva amorosamente curato e protetto ponendola sotto una campana di vetro per non farle prendere freddo, quella orgogliosa e altezzosa che lo aveva fatto alterare con i suoi innumerevoli capricci, gli dice di andare via, perché non avrebbe avuto bisogno di lui.

Ma non è esattamente così: la rosa nasconde al Piccolo Principe i suoi reali sentimenti, e quella sua frase altro non è che una richiesta di aiuto a non abbandonarla al suo destino per andare a curiosare su altri pianeti.

Dopo un anno di viaggio e dopo aver parlato con la volpe dell’attività di “addomesticamento” degli esseri viventi, imprescindibile al fine di creare un vincolo sentimentale tra questi, il piccolo principe si rende conto di essere stato “addomesticato” dalla sua rosa. Si rende conto che il tempo che aveva trascorso con lei, proteggendola e accudendola, era stato necessario per creare il loro legame d’amore e lui, in quel momento, era “troppo giovane per comprendere di amarla”.

Per questo, quella “rosa” era unica e preziosa, differente da tutte le altre perché era “sua”. La volpe, quindi, per farlo riflettere sulla sua condizione, gli dice: “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante” . E aggiunge: “... non si vede bene se non con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.

Quest’ultima, è una delle frasi più conosciute del libro e ci ricorda che il vero valore delle cose spesso sfugge ai nostri occhi ma non al nostro cuore. Non sempre quel che è importante è evidente. L’apparenza è effimera e sicuramente ci porta alla sofferenza (la rosa e le sue spine), ma se apriamo il nostro cuore ai sentimenti veri, al rispetto e alla dedizione verso l’altro, curando le persone che amiamo, raggiungeremo la felicità.

Quella “rosa con le spine”, come dicevamo in precedenza, è Consuelo Suncín, la moglie di Saint-Exupéry, a conferma che Il Piccolo Principe è molto di più di un libro per bambini.

Sono tanti gli insegnamenti che si possono trarre dai simboli che compaiono in ogni capitolo del racconto, ma si può senz’altro affermare che i personaggi principali, nelle loro azioni, sono spinti sia verso l’ansia di conservazione dell’immaginazione e dell’innocenza dell’infanzia, sia verso la necessità di raggiungere l’immortalità. Quest’ultima aspirazione si evidenzia particolarmente alla fine del libro, quando il piccolo principe manifesta con più convinzione il suo desiderio di tornare a casa per vedere la sua rosa.

Tante sono le frasi che si potrebbero analizzare in virtù della loro morale, partendo anche da basi pedagogiche e filosofiche. I messaggi sull’amore, sull’amicizia, sulla solitudine e sulla perdita di chi ci è caro passano attraverso i valori della perseveranza, della positività e della lotte interiori che siamo costretti ad affrontare quotidianamente.

Questi conflitti emergono, soprattutto, quando è necessario assumersi le responsabilità di una vita adulta e si ha paura di inciampare e cadere nell’errore (“Se cammini in linea retta non otterrai molte cose”). Eppure, sono proprio gli errori, insieme alla capacità di meravigliarsi innanzi alle cose tipica dei bambini, che ci offrono l’opportunità inestimabile di crescere e maturare, ascoltando quel che “è invisibile ai nostri occhi”.

In copertina: Il Piccolo Principe
immagini di repertorio