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NUOVA ZELANDA - Terra magica e misteriosa

Quando ripenso alla Nuova Zelanda vengo ancora trasportata da fortissime emozioni, per quanto abbia scoperto questa terra per la prima volta molti anni fa, in un viaggio di sei settimane intrapreso con alcuni amici. Questa esperienza è rimasta impressa nella mia memoria come una cartolina dai bordi ingialliti ma dai colori ancora vividi.

La Nuova Zelanda: un luogo così lontano ma che, per qualche ragione, ho sempre sentito “mio”. Forse perché sembra essere un perfetto ed equilibrato insieme di tutti quei paesi e paesaggi per i quali nutro predilezione.

Senza esitazioni, la mente ritorna indietro a quei giorni…

La nostra avventura inizia dall'Isola del Nord, con la decisione di girarla in autostop, partendo da Auckland. Questa città meravigliosa, con il suo famoso porto e le ancor più famose vele (proprio in queste settimane vi si sta svolgendo la Coppa America), si espande su diverse isole ricoperte di vigneti e aziende vinicole di altissimo livello.

Così, una delle nostre prime giornate nella “terra dei kiwi”, viene felicemente dedicata all'incredibile attività di wine tasting, sull'isola di Waiheke. Dopo una breve traversata in traghetto, un piccolo pullmino che fa diverse tappe ci conduce alla cantina che abbiamo scelto di visitare. Sull’isola ce ne sono più di venti. Inebriarsi è un assoluto dovere e, ovviamente, inevitabile. Ed è con questo bellissimo feeling ancora nel corpo che proseguiamo il nostro tour.

Si campeggia ovunque, dalla meravigliosa Baia delle Isole, a Wakatane, alla Bay of Plenty. Scenari mozzafiato di spiagge bianchissime, oceano blu cobalto e montagne verde smeraldo. È un sogno, un paradiso rimasto quasi intonso forse anche grazie alla sua ubicazione remota.

A Rotorua approfittiamo delle tante attività geotermiche, delle piscine di fango e dei paesaggi lunari, alternati a foreste verdeggianti. Il Parco del Wai-o-Tapu, pochi chilometri a sud, offre una serie di attrazioni naturali molto suggestive: dalla spettacolare Champagne Pool, una piscina naturale sulfurea di acqua bollente e dai colori incredibili, a Lady Knox, uno dei pochi geyser attivi e costanti al mondo. E poi: formazioni dalle figure stravaganti, laghetti multicolore e polle di fango caldissime. Il tutto in un contesto naturale mozzafiato.

Wai-o-Tapu

Questo è anche il regno della cultura maori, che con l’occasione cerchiamo di conoscere un po’ meglio. La parola Māori significa "normale", in contrapposizione agli "invasori" inglesi, definiti dagli autoctoni pakeha.

Due degli aspetti per cui i Maori sono noti in tutto il mondo sono, senza dubbio, la haka e i tatuaggi.

La Haka, spesso scambiata erroneamente per una danza di guerra, è un rito di grande intensità divenuto celebre grazie agli All Backs, la nazionale di rugby neozelandese, che l’hanno trasformata nel loro grido di battaglia, prima di ogni incontro: lingua all’infuori, denti serrati, occhi spalancati e colpi al petto o sugli avambracci, vogliono essere simboli di potenza e coraggio, per mostrare lo spirito guerriero dei Maori. Tale danza, in realtà, si utilizza nelle occasioni più disparate per esprimere il proprio stato d'animo.

I tatuaggi, invece, rivestono nella cultura maori un ruolo di primo piano e sono veri e propri strumenti di comunicazione sociale: attraverso questi è infatti possibile risalire, in una società stratificata come quella maori, alla casta di appartenenza di ciascuno. Ma non solo: nei tatuaggi vengono anche identificate l'origine materna e paterna, il mestiere, oppure il raggiungimento di un rango superiore rispetto a quello di nascita. In passato, i guerrieri si tatuavano con orgoglio, per raccontare le loro gesta. O semplicemente, vi si ricorreva per ragioni estetiche: ad esempio, una donna che non avesse tatuaggi attorno alla bocca, non veniva considerata attraente.

Video: Haka “Ka Mate” © All Blacks

Lasciamo malvolentieri Rotorua, con la sua atmosfera magica e i suoi paesaggi danteschi, per dirigerci verso Taupo, dove il grandioso lago vulcanico ci regala altri incredibili scenari. Da qui, con tanta pazienza e parecchie ore di attesa sulla strada deserta (in effetti, all'epoca, gli abitanti neozelandesi erano poco più di 3,5 milioni), raggiungiamo Wellington, la capitale, dove però rimaniamo giusto il tempo di imbarcarci per l’Isola del Sud.

Dopo tre ore di traversata lungo lo Stretto di Cook arriviamo a Picton e, qui, decidiamo di aggregarci a un tour, chiamato West Coast Express, della durata di una settimana. Il gruppo è di circa trenta persone provenienti da diversi paesi: Olanda, Svizzera, Stati Uniti, Israele e Inghilterra. La prima tappa è alle Pancakes Rocks di Punakaiki (rocce a strati che ricordano davvero una pila di pancake!). A seguire, i ghiacciai di Franz Joseph e Fox dove, muniti di scarponi con uncini e impermeabili gialli, esploriamo i vari sentieri del ghiaccio. Infine, quando arriva l'ora della cavalcata sulla spiaggia - anche se la mia cavalla è un po' pigra e le mie doti di cavallerizza sono tutt'altro che sufficienti - mi sento completamente libera, come il vento che su queste coste soffia forte e deciso. Il tour termina a Queenstown, cittadina dell’estremo sud, piena di giovani e di allegria.

Dopo una breve tappa, ci uniamo a una coppia conosciuta durante il tour e, a bordo di un’auto a noleggio, esploriamo i Milford Sounds, includendo una mini-crociera nei fiordi durante la quale osserviamo foche, trichechi e delfini: il rapporto con la natura, in questo angolo di mondo, è davvero intenso e molto più intimo che in qualsiasi altra parte del pianeta. 

Rientrati a Queenstown, ancora qualche giorno e ci prepariamo per il viaggio di ritorno verso Auckland. Stavolta decidiamo di passare per Christchurch, la Cambridge dell'emisfero sud, e Kaikoura.

Adagiata in una baia a ridosso della penisola omonima e protetta dalle cime delle montagne del Kaikoura Range, questa zona è conosciuta soprattutto per la presenza delle balene. Grazie a un canyon sottomarino di 1500 metri di profondità, le sue acque sono particolarmente ricche di fauna marina, rendendolo un luogo privilegiato per l’osservazione dei cetacei. Qui, ad esempio, è possibile avvistare il maestoso capodoglio mentre, sulla costa, numerose colonie di foche oziano al sole.

Anche noi, naturalmente, ne approfittiamo per una piccola escursione in mare aperto: è la stagione giusta per le balene e ne vediamo addirittura quattro! Ancora una volta, rimaniamo col fiato sospeso.

L’arrivo a Auckland segna il termine della nostra permanenza in questa terra tanto lontana e, forse proprio per questo, ancor più magica e misteriosa di qualsiasi altro luogo abbia mai visitato. Una terra che, con la sua storia e la sua gente, mi ha lasciato un segno indelebile e la voglia, mai sopita, di tornare a rivivere quelle emozioni. Kia Ora!

In copertina: Champagne Pool, Wai-o-Tapu, Rotorua