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STEFANO LABBIA – Tra poesia, scrittura e sceneggiatura  

Autore romano di origine brasiliana, Stefano Labbia è il fondatore e direttore di Black Robot Entertainment, casa di produzione e agenzia di prodotti audiovisivi inglese, oltre che di Black Robot Publishing, casa editrice con sede in Gran Bretagna, e di Trainer! App LTD, una compagnia di fitness.

Tra i suoi lavori ricordiamo la sua prima raccolta di poesie, Gli Orari del Cuore, pubblicata nel 2016 e seguita, nel 2017, da I Giardini Incantati e dal suo primo romanzo Piccole Vite Infelici, di cui sta per uscire il seguito: Come vivere in tre comode rate.

Nel 2020, Labbia ha dato alle stampe Nel Rifugio Sommerso, la sua quarta raccolta di poesie, ma il talento dell’autore emerge nella scrittura in tutti i suoi generi, fino a toccare la sceneggiatura. È proprio lui a raccontarci le sue esperienze, la passione, il pensiero e l’uomo che spiccano dietro il suo lavoro.

Stefano Labbia: poeta, romanziere, sceneggiatore. Una vera e propria indole poliedrica per la scrittura. Com'è nata questa sua passione?

Scrivo praticamente da sempre: poesie, racconti brevi e persino fumetti. Che io ricordi, insomma, ho sempre scritto. Come dice Jules Renard: “scrivere è un modo di parlare senza essere interrotti”. Si può dire che esprimere me stesso attraverso la scrittura, mettendo nero su bianco le emozioni che provo e le cose che vedo in me, sia qualcosa di innato.

Come definisce l'arte della scrittura? Che cosa rappresenta per lei e cosa vorrebbe che rappresentasse per gli altri?

Credo che la scrittura e la lettura vadano di pari passo e siano la coscienza dell’uomo, più di tutte le altre arti. Forse perché la scrittura è intima e al tempo stesso plurale, collettiva, un dono di tutti e immediata. Leggendo un libro si prova spesso empatia verso questo o quel personaggio presente all’interno dell’opera, ci si riconosce in questa o in quella massima o in un dialogo scritto. La scrittura replica la realtà, amalgamandola alla finzione, al sogno, al mito. Insomma, è una sorta di specchio magico in cui non solo rimiriamo noi stessi e chi ci circonda, i nostri schemi mentali, i nostri desideri, i nostri vizi e le nostre virtù ma possiamo, attraverso le parole, sperare in un futuro migliore, sognare quello che forse non accadrà mai. Questo vale per lo scrittore e per il lettore. Le altre arti sono tutte generate dalla scrittura, se ci pensiamo. Tutto parte da lì.

Oggi, grazie a Internet, si può reperire facilmente tutto il materiale possibile per la lettura ma, allo stesso tempo, questa facilità e le troppe informazioni spesso ci rendono dei lettori distratti. Su cosa dovrebbero riflettere le persone per sviluppare senso critico?

Bellissima domanda. È bellissima per il semplice fatto che forse non ha risposta. Se dicessi che bisogna tornare alle origini, e quindi “alla carta e all’inchiostro”, passerei per un luddista, o peggio ancora rischierei di banalizzare il tutto. Credo che il mondo sia cambiato, questo è un dato di fatto. Non saprei dire, però, se ci siamo evoluti o involuti. Noto che troviamo tempo per cose che non meritano il nostro fiato o la nostra attenzione e, per contro, troviamo spazio per cose che non andrebbero considerate nemmeno. Si può fare un passo indietro? Si può scegliere il libro cartaceo (stampato su carta riciclata) anziché l’ebook? Si può scegliere di andare al cinema (con il beneplacito delle norme e dei regolamenti governativi correnti) anziché guardare un film in streaming? Si può partecipare a eventi culturali (emergenza coronavirus permettendo), invece di guardarli da casa in modalità live? Si può viaggiare e scoprire nuove terre, nuovi paesi, nuove culture, invece che vederli in tv nei documentari? Potrei andare avanti all’infinito, con esempi simili. Io credo che bisogna sì usufruire di internet e del web, ma che questa debba essere una “seconda vita” e non l’unico modo di vivere.

Riguardo ai suoi lavori, invece, cosa vorrebbe venisse colto?

In tutti i miei scritti metto al centro l’uomo e le sue domande. Non dono risposte. Credo che le domande siano quasi sempre oggettive, mentre le risposte sono sempre, o quasi, soggettive. Vorrei che il lettore, lo spettatore o l’ascoltatore ponessero a loro stessi le domande che trovano all’interno delle mie opere e che si facessero una loro idea personale al riguardo.

Cosa la ispira?

Canzoni, battute sentite in un film, fumetti, libri. Ma soprattutto voi donne. Gli amori di ieri e gli amori di oggi sono in me, e vi attingo spesso. I rapporti umani sono alla base della vita e della scrittura. L’uomo è un animale sociale. Si scrive sempre di ciò che si conosce, del resto.

Quale, tra le sue esperienze, è quella da cui ha tratto più soddisfazione?

In questi ultimi cinque anni ho collezionato davvero tanti piccoli traguardi. Penso alle mie due storie brevi a fumetti pubblicate sul Corriere della Sera (all’interno del supplemento “La Lettura”, ndr), al progetto artistico internazionale umanitario a sostegno del Messico, Super Santa for Peace, a cui ha partecipato il famosissimo mangaka Shintaro Kago e dove ho illustrato uno dei miei personaggi. Ho aperto una piccola casa di produzione cinetelevisiva in Inghilterra: Black Robot Entertainment, che sta producendo il suo primo serial TV, Fear. E poi a tutte le collaborazioni con i grandi autori e disegnatori italiani e stranieri. Sono tante le belle esperienze che ho raccolto fino ad ora e sono grato a tutti coloro che mi supportano giorno dopo giorno e senza i quali non ce l’avrei mai fatta.

Passiamo alla sua nuova raccolta: Nel rifugio sommerso. Nella prefazione si legge: "Ricca di letture alle spalle [...] Emergono per originalità l'io lirico e le figure femminili nonché una sottile vena ironica" [...] Quanto c'è di lei nell’ io lirico e quale lettura vorrebbe che emergesse?

Credo che abbiamo tutti un rifugio sommerso in cui ripararci, in cui crogiolarci tra luci e ombre, tra bene e male, tra vizi e virtù. Tra passato e presente. Io ho tentato di mettere nero su bianco tutte le emozioni che compongono il nostro io: amore, insofferenza, incomprensione, serenità, allegria…

Parlando delle "figure femminili", invece, che cosa rappresenta per lei la donna nella società odierna?  

La donna credo sia il centro dell’universo, il centro del mondo. Senza timore di passare per buonista o peggio di banalizzare, posso affermare che se tutti i ruoli di potere fossero affidati alle donne, sicuramente avremo più chance di riuscire a salvare il pianeta e noi stessi.

Nella critica, poi, si legge: [...] “Labbia ha il coraggio di esprimersi nel bello e nel brutto, nel giusto e nello sbagliato [...] le esperienze non sono di per sé belle o brutte, giuste e sbagliate, ma solo nostre” [...]. Come pensa che l'individuo possa arrivare alla maturità e perdonare i propri errori per poter andare avanti e su cosa deve riflettere per non commetterne più? Viceversa, su cosa non dovrebbe mai cadere quando ottiene delle vittorie personali?

Altra bellissima domanda. Credo che spesso e volentieri finiamo per essere i peggiori nemici di noi stessi. Commettiamo tantissimi errori: il primo è quello di giudicare chi ci sta di fronte in base ai nostri sentimenti. Non è quasi mai così, ognuno ha le sue paure, i suoi schemi mentali, le sue incoerenze. Siamo esseri umani e non siamo perfetti. Esattamente come non possiamo piacere a tutti, bisogna fare i conti con sé stessi prima di tutto. Bisogna accettarci e perdonarci se non ci amiamo, se non ci rispettiamo, se non ci perdoniamo per i nostri errori. Se non lo facciamo noi, come osiamo pensare che lo facciano gli altri? Ovvio, c’è errore ed errore e ognuno di essi ha il suo peso. Ma personalmente credo che solo abbandonando le maschere che indossiamo, voltando le spalle alla menzogna, facendo pace con noi stessi, si possa raggiungere la cosiddetta pace interiore. Utopia? Intanto proviamoci…

Progetti per il futuro? C'è qualcosa di cui non ha ancora scritto e che sente di dover esplorare?

Mille storie. Storie che spero mi diano l’opportunità di realizzarle su carta, e attraverso la settima arte.

In copertina: Come vivere in tre comode rate
immagini per gentile concessione dell’autore