FIRENZE - Un desiderio che diventa realtà

FIRENZE - Un desiderio che diventa realtà

“Quando sento che mi prende la depressione, torno a Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi: se il genio dell’uomo è arrivato a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere”.

Così Franco Zeffirelli parlò di Firenze. E come non condividere il suo pensiero?

Parliamo di una di quelle città che non sono semplicemente da visitare una sola volta nella vita ma da vedere, vivere: una, cento, mille volte.

E così decido di fare: torno per l’ennesima volta a Firenze (La decima? La quindicesima? Chi lo sa? Ormai ho perso il conto…). In questa occasione, ripercorro alcuni degli angoli più belli della città e anche alcuni scorci panoramici che, nelle mie visite precedenti, mi erano sfuggiti.

Panorama

Panorama

Quest’anno, un motivo in più per tornare: la Cupola del Brunelleschi spegne le sue seicento candeline. Quindi, perché non iniziare proprio da lì la mia visita?

Firenze si gira, e si onora, a piedi: non c’è modo migliore.

Con lo sguardo diritto e gli occhi curiosi, nascosti sotto gli occhiali da sole, mi dirigo subito verso Piazza del Duomo.

La magia nasce qui: intitolato a Santa Maria del Fiore, la costruzione del Duomo fu iniziata nel 1294 da Arnolfo di Cambio, per volontà delle autorità cittadine. Il desiderio era non solo di avere una cattedrale più grande e sontuosa della chiesa di Santa Reparata ma, soprattutto, di avere qualcosa di più maestoso e imponente, che superasse per grandezza e stile tutte le altre città toscane.

Dapprima ci fu una coesistenza dei due edifici ma, in seguito, Santa Reparata venne demolita e Santa Maria del Fiore prese definitivamente il suo posto.

All’interno si trovano una incredibile collezione di opere d’arte, statue, e affreschi come quelli del Vasari, di Paolo Uccello e Andrea Del Castagno.

Il duomo rimase, però, incompiuto per molto tempo fino a quando, nel 1418, venne bandito un concorso per la costruzione della cupola. Tra Brunelleschi e Ghiberti, eterni rivali, prevalse il primo, che realizzò un capolavoro tutt’ora in perfetto stato di conservazione.

Un’opera mai vista: unica al mondo per come fu progettata e realizzata. I lavori iniziarono nel 1420: la cupola è doppia, costituita da due calotte di forma ogivale, in pietra e mattoni, tra loro collegate. Il diametro è di 45,5 metri e si innalza fino a 116 metri con un peso di circa 37mila tonnellate. Il segreto del maestro è proprio quello di aver concepito una cupola autoportante, a doppia calotta, con mattoni disposti a spina di pesce.

Video: la cupola del Brunelleschi

Affascinato da tanta bellezza e maestosità, salgo per osservare più da vicino gli affreschi interni e per godermi il panorama della città dall’alto. Lo scenario che si apre ai miei occhi, una volta giunto in cima, mi lascia senza parole.

Penso a tutti gli avvenimenti che, in seicento anni di storia, si sono susseguiti all’ombra di questa cupola. Nel XV secolo, ad esempio, l’interno del Duomo divenne il centro della battaglia di Gerolamo Savonarola e della sanguinosa Congiura dei Pazzi: il 26 aprile 1478, alcuni componenti della famiglia Pazzi aggredirono Lorenzo dei Medici e suo fratello Giuliano, che proprio qui rimase ucciso.

Ma Piazza del Duomo offre anche altri capolavori: al mio fianco si staglia il Campanile di Giotto, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1334, dopo che un incendio aveva distrutto il campanile di Santa Reparata. A seguito della morte dell’artista, avvenuta nel 1337, l’opera fu ultimata da Andrea Pisano e Francesco Talenti. La struttura domina la piazza: rivestita in marmi colorati, non carica troppo le facciate, che sono alleggerite da bifore e trifore.

E, sempre nella piazza: il Battistero di San Giovanni e la Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, tornata di recente al suo antico splendore, dopo un restauro durato circa trent’anni.

Quanti tesori raccolti in un’unico, meraviglioso luogo!

Video: Firenze in 4K

Riluttante, mi lascio alle spalle questo straordinario patrimonio artistico ma, dietro l’angolo, mi aspettano ancora tantissime sorprese.

La mia prossima tappa, in realtà, è un luogo che ho già visitato spesso ma che non mi stancherò mai di rivedere: la Galleria degli Uffizi.

Proprio come la prima volta, l’emozione nel varcare la porta d’ingresso è fortissima: stavolta, poi, sono davvero trepidante, poiché vi torno per la prima volta dopo il restauro delle Sale del Caravaggio.

La Galleria, al pari del Louvre a Parigi, è uno dei musei più visitati al mondo. All’interno, opere di inestimabile valore artistico e di insuperabile bellezza. Tra queste la Sala del Botticelli, che ospita capolavori quali La nascita di Venere e la Primavera: pura poesia.

La nascita di Venere

La nascita di Venere

E poi L’Annunciazione e L’Adorazione dei Magi, entrambi di Leonardo da Vinci, il Bacco Adolescente e La Medusa di Caravaggio, La Venere di Urbino di Tiziano, Maestà di Ognissanti di Giotto: l’elenco potrebbe durare per ore. 

L’arte ha il potere di trasmettermi energia e, dopo una mattinata dedicata a ritemprarmi l’anima con queste preziose creazioni, mi abbandono totalmente alla città e alla sua spregiudicata bellezza: Piazza della Signoria risplende lì, davanti ai miei occhi, dominata da Palazzo Vecchio, centro della vita civile, e dalla sua imponente torre. Un gruppetto di turisti si accalca sotto la statua del David: l’immagine catturata ogni giorno da migliaia di selfie, però, non è altro che una copia. L’originale del capolavoro di Michelangelo è infatti custodito gelosamente in un altro luogo della città: la Galleria dell’Accademia.  

Mi perdo tra i vicoli, circondato da boutique lussuose e ristoranti eleganti, mentre i raggi del sole si affievoliscono e la città si accinge ad incontrare la sera. Via de’ Tornabuoni, una delle più belle del mondo, si snoda tra i palazzi rinascimentali del centro storico in un brulicare di vita.

Patria di stilisti (città natale della maison Gucci), ceramisti (famose in tutte il mondo le ceramiche di Richard Ginori), poeti (sopra a tutti “il sommo” Dante Alighieri) e di locali storici (Gilli caffè, Scudieri), non sorprende affatto che Firenze sia stata eletta dai lettori di Condé Nast, nel 2019, la città più bella del mondo.

Capitale d’Italia per cinque anni, dal 1865 al 1870, ospita luoghi e scorci dal valore inestimabile. Oltre a quelli già menzionati vi sono i Giardini di Boboli, il Mercato di San Giovanni con le sue lavorazioni di pelle e le osterie, Piazzale Michelangelo con la sua impareggiabile vista sulla città e una miriade di strade, monumenti, botteghe: ad ogni angolo si respira arte, cultura e storia.

L’Arno e Ponte Vecchio

L’Arno e Ponte Vecchio

Il calar della sera mi sorprende lungo le rive di un Arno sonnecchiante, che mi accoglie come in un abbraccio e restituendomi le mille luci riflesse di Ponte Vecchio. Qui l’arte orafa fiorentina fa sfoggio di tutta la sua maestosità nelle vetrine scintillanti e nelle boutique di lusso del calibro di  Buccellati: ogni gioiello, ogni creazione, è un pezzo unico realizzato a mano. Con questo spettacolo straordinario, sembra quasi che la città voglia salutarmi e, come sempre, dopo una giornata di esplorazione, la mia attenzione viene catturata dai deliziosi profumi della cucina locale.

Mi rifugio dentro una delle antiche osterie situate a poca distanza, per degustare una cena tipica: bistecca alla fiorentina, Brunello di Montalcino e, per dessert, budino alle castagne e cantucci ai pistacchi!

Dopo questo pasto luculliano ho decisamente bisogno di fare due passi e non ho dubbi su quale sarà la mia ultima tappa della giornata: la Fontana del Porcellino

Lo scrittore Hans Christian Andersen la descriveva così: “Nella città di Firenze sta un porcellino di bronzo di bella fattura. Fresca e limpida acqua scorre dalla bocca di quell’animale, che a causa dell’età è tutto verde scuro. Solo il grugno brilla, come fosse stato tirato a lucido”.

Per bere da questa fontana occorre appoggiarsi sul naso dell’animale (in realtà, non un porcellino ma un cinghiale): per questo il muso risplende, a causa del continuo sfregamento delle mani. Con il tempo, la realtà ha lasciato spazio alla leggenda, e toccare il muso del porcellino è diventato sinonimo di buona sorte, ma solo se accompagnato da un altro gesto. Bisogna, infatti, esprimere un desiderio appoggiando una monetina nella bocca dell’animale: se, scivolando, la monetina cadrà nella grata, il desiderio si avvererà.

Credere alla Fortuna è cosa pazza” affermava Lorenzo il Magnifico, uno dei cittadini più illustri della storia di questa città, ma non è forse una fortuna essere nati a poche ore da qui e potervi tornare quando voglio? La mia monetina ha già funzionato e il mio desiderio è divenuto una meravigliosa realtà, che si chiama Firenze.

In copertina:
Scorcio di Firenze ©
Heidi Kaden

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