ALESSIO FIGALLI – “La matematica è in continua evoluzione”
Romano classe 1984, Alessio Figalli è uno dei matematici più brillanti della sua generazione. Dopo gli studi al liceo classico “Vivona” e alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha intrapreso una carriera internazionale che lo ha portato da Parigi a Austin fino al Politecnico di Zurigo, dove oggi è professore ordinario.
Specialista di calcolo delle variazioni ed equazioni alle derivate parziali, Figalli ha contribuito in modo decisivo alla teoria del trasporto ottimale e alle sue applicazioni, ottenendo risultati che hanno ridefinito campi della matematica pura e applicata. Nel 2018 è stato insignito della Medaglia Fields, il più prestigioso riconoscimento al mondo per un matematico: il secondo italiano a raggiungere questo traguardo dopo Enrico Bombieri, nel 1974.
Dietro il mito del genio romantico, Figalli racconta la matematica come un lavoro fatto di fallimenti, tentativi, intuizioni condivise e un dialogo continuo con la comunità scientifica. La sua visione unisce rigore e creatività, filosofia e concretezza, portando la matematica fuori dall’accademia e mostrandola come parte integrante della nostra cultura.
Come nasce la sua passione per la matematica, partendo da un liceo classico? E quanto hanno contato la Normale e maestri come Ambrosio e Villani?
La matematica mi è sempre piaciuta ma non pensavo potesse diventare un lavoro. Durante il liceo, le Olimpiadi di matematica mi hanno fatto scoprire il gusto dei problemi “senza soluzione in vista”. Alla Normale, dal 2002, ho dovuto colmare tante lacune, ma quell’ambiente mi ha dato metodo e fiducia. Gli incontri sono stati decisivi: Luigi Ambrosio a Pisa, poi Albert Fathi a Lione, che mi ha portato a conoscere Cédric Villani. Quella rete di maestri ha orientato la mia ricerca e il mio sguardo scientifico sul mondo.
La Medaglia Fields, il “Nobel della matematica”: che cosa ha significato riceverla a 34 anni?
Una gioia enorme e un segnale alla mia comunità scientifica e alle istituzioni che mi hanno formato. È anche una responsabilità: ti rende più visibile e ti invita a raccontare di più la matematica ai non addetti ai lavori. E c’è sempre una componente di fortuna: ogni quattro anni ci sono più candidati meritevoli che medaglie disponibili.
Le è mai capitato di sentire il peso delle aspettative?
Sì: fuori dall’accademia le parole pesano di più, dentro aumentano i ruoli nei comitati. Il mio antidoto è restare ancorato al lavoro quotidiano (studiare, collaborare, insegnare) e usare la visibilità per parlare ai ragazzi.
Perché il trasporto ottimale è cruciale anche oltre la matematica pura?
Innanzitutto il trasporto ottimale è nato come problema applicato: qual è la maniera migliore per trasportare risorse da un luogo all'altro. Ha applicazioni naturali in economia ed infatti Kantorovich ha ricevuto il premio Nobel in economia nel 1975 per i suoi studi sul trasporto ottimale. È poi un linguaggio che permette di comparare forme, immagini, distribuzioni: “quanto costa” trasformare A in B? Con la stessa idea si riesce a capire l’evoluzione dei fronti atmosferici (equazioni semi-geostrofiche), come si deformano bolle di sapone e cristalli, o si può misurare la distanza tra immagini (le immagini sono fatte di pixel di colori diversi ed è possibile calcolare quanto costa trasportare un'immagine in un'altra).
IA ovunque: che connessioni vede coi suoi studi?
Molti algoritmi “vedono” dati come distribuzioni. Il trasporto ottimale offre metriche robuste per confrontarle e per dare struttura a modelli di apprendimento. Ma creatività, giudizio e responsabilità restano umani: l’IA supporta, non rimpiazza.
Ha detto che la ricerca è fatta più di fallimenti che di successi. Come si convive con la frustrazione?
Con disciplina e allenamento. All’inizio bisogna costruire tanto “background”; poi, quando le tecniche si sedimentano, si inizia a vedere il nocciolo dei problemi. Spesso l’idea giusta arriva camminando, quando meno ce lo aspettiamo.
Immagine: Gian Marco Castelberg
Il “lampo di genio” di Edimburgo?
Quello che chiamiamo “lampo” è l’ultimo centimetro di una maratona: su un problema ho lavorato intensamente per mesi, tra tentativi e strade chiuse; poi, in una serata, l’idea giusta è arrivata. Però, senza tutto il lavoro precedente, quel momento non ci sarebbe mai stato.
Galileo diceva che il libro della natura è scritto in caratteri matematici. Oggi, quali sono i “nuovi caratteri”?
La matematica è in continua evoluzione: si sviluppano nuove teorie, si dimostrano nuovi teoremi. Tutto questo è ciò che permette di capire sempre meglio la natura che ci circonda.
Filosofia della matematica: è scoperta o invenzione? E su un altro pianeta sarebbe diversa?
Ognuno ha la sua visione. Io penso che la nostra matematica sia stata inventata per descrivere il mondo che ci circonda. Quindi, su un pianeta diverso, si sarebbe potuti partire da altri assiomi che ci avrebbero dato un'altra matematica.
Molti percepiscono la matematica come distante. Come avvicinarla al grande pubblico?
Con storie e modelli semplici, senza tradire il rigore. Far vedere “a cosa serve” accende le curiosità. Inoltre, ci sono tanti problemi "simpatici" che possono aiutare a far imparare la matematica ai bambini, facendoli anche divertire.
Nella vita quotidiana, c’è un momento che sente più vicino alla creatività matematica?
Non uno preciso. Cerco di mantenere un buon equilibrio vita/lavoro: è importante per permettere alla mente di rimanere creativa.
Guardando avanti: su quali temi sogna di lasciare ancora il segno?
In questi anni sto lavorando su equazioni che studiano problemi di natura fisica (come si deforma una membrana elastica quando incontra un ostacolo, come si scoglie il ghiaccio nell'acqua, e così via). L'obiettivo è capire questi problemi e, nel farlo, sviluppare della nuova matematica che sia utile anche ad altri ricercatori.
In copertina: Alessio Figalli
© ETH Zürich / Giulia Marthaler
immagini cortesia di Alessio Figalli