PIO PERRONE - Emozioni e ricordi nel suo primo album MoM

PIO PERRONE - Emozioni e ricordi nel suo primo album MoM

Pio Perrone, interprete romano di grande versatilità, ha lanciato recentemente il suo primo album dal titolo MoM, una raccolta di 13 brani musicali dallo stile eterogeneo, eseguiti in tre lingue: italiano, inglese e francese.

Lo abbiamo incontrato a Roma, in uno di quei rari pomeriggi estivi in cui i sampietrini del centro storico, resi lucidi e brillanti da un improvviso acquazzone, ci restituiscono riflessi di luoghi maestosi e senza tempo. Una cornice perfetta per immergersi nel mare di emozioni suscitate da questo toccante progetto musicale, che Pio ha voluto dedicare a sua madre Alda, venuta a mancare poco più di un anno fa.

Pio, cosa rappresenta per te MoM?

Questo album ha per me una valenza emotivamente molto intima. Come tanti figli unici, di genitori divorziati, ho avuto un rapporto assai burrascoso ma anche di grande amore con mia madre, donna dall’indole molto severa. Quando mi sentì cantare per la prima volta, colsi stupore e fierezza nel suo sguardo e nelle sue parole, cosa che mi emozionò moltissimo.
“Ma dove l’hai presa, questa voce?”, mi chiese…
Questa “novità” ci ha aiutato, durante i suoi ultimi anni di vita, a comunicare meglio e ad appianare alcune spigolature. L’album si compone di cover che sono, per la maggior parte, un estratto degli artisti che amavamo entrambi. Ad esempio, insieme abbiamo visto, per due volte, Charles Aznavour in concerto e ho ricordi molto belli di entrambe le occasioni. Inoltre, lei amava in particolar modo la mia interpretazione della indimenticabile My Way di Frank Sinatra. Ci sono anche un paio di affettuose provocazioni, come il brano Lella, di Edoardo De Angelis. Essendo, mia madre, una lombarda “trapiantata” nella capitale (non ha mai perso il suo accento), mi rimproverava spesso per la mia cadenza romanesca.

Com'è nata l'idea di realizzare un album musicale?

L’idea è nata in un momento di “epifania mattutina”. Una mattina mi sono svegliato con questa idea pazzerella di incidere un disco in onore di mia madre. Dopo un paio di settimane, più o meno la medesima dinamica: mi sveglio e l’idea mi si ripresenta con forza. A quel punto agisco: alzo il telefono e chiamo alcuni miei amici musicisti. Accettano tutti la mia proposta senza battere ciglio, entusiasti ed emozionati.

Chi ha lavorato alla sua produzione?

I due chitarristi sono Giuseppe Gervasi – in arte Jerry Vasi – e Andrea Pulicati, che è anche il mio insegnante di chitarra. Il producer è Stefano Palena, in arte Frank Debris.
Jerry lo conosco da oltre 25 anni. È un bravissimo intrattenitore, con un’esperienza ultratrentennale e un repertorio smisurato. Lo andavo ad ascoltare tanti anni fa in un locale non lontano dal Pantheon, che si chiamava Habana Café. Andrea l’ho conosciuto circa otto anni fa. Venne a proporsi come musicista nel mio bistrot e da lì non ci siamo più persi di vista. Con Frank, invece, ho fatto amicizia circa dieci anni fa, tramite la mia compagna di allora. Era il titolare della scuola di musica che ho frequentato per circa quattro anni. Oltre ad essere produttore, è un bravissimo polistrumentista e DJ.
Per quanto riguarda la parte grafica, mi sono affidato all’Upper Studio di Roma, del mio amico Paolo Fusco e del suo socio Federico De Siena. Vedere tradotta in immagini la carica emotiva del progetto ha avuto un impatto fortissimo su di me.
Il mio editore è Antonio Nasca, tramite la sua etichetta La Semicroma. Diplomato al conservatorio, è impegnato in diverse attività che toccano il mondo della musica.
La parte fotografica è, invece, curata da Stefania Brovetto e da suo marito Enrico Babuder. Entrambi specializzati in fotografia musicale seguono, come fotografi ufficiali, artisti italiani assai popolari. Mi hanno offerto il loro sostegno professionale con un bellissimo servizio fotografico a Milano, città dove è cresciuta mia madre.

Qual è il tuo background? Come ti sei avvicinato alla musica?

In realtà, provengo da un settore professionale completamente diverso. Ho lavorato per circa vent’anni nella ristorazione. La mia impronta, in questo settore, ha sempre voluto essere quella di “vendere un’esperienza, un momento di coccola” e la musica è stata una colonna portante di ogni singola atmosfera: ho, infatti, curato le selezioni musicali di tutti i locali in cui ho lavorato.
Il piacere di intrattenere è sempre stato il motore che mi ha spinto a fare quel mestiere, tanto che una mia amica inglese, a un certo punto, mi cucì addosso il termine Bar-tainer.
Nella mia ultima avventura professionale, gestendo in maniera indipendente la mia attività, ho avuto la libertà di essere anche direttore artistico di un bistrot situato nei pressi del quartiere Coppedè, a Roma.
Col passare del tempo, avevo costruito un portfolio di artisti di tutto rispetto, con cui collaboravo regolarmente. Un giorno Jerry Vasi, dopo avermi fatto interpretare l’ennesimo “cameo” -That’s Amore, di Dean Martin - mi spronò in maniera piuttosto decisa: “Pio, la voce ce l’hai: vai a prendere lezioni di canto e allarga il tuo repertorio!”. Ed è così che tutto è cominciato.
Ho iniziato a esibirmi con i vari musicisti che si avvicendavano nel mio locale e con molti di loro ho stretto amicizie stupende, non solo “artistiche”, che con il tempo mi hanno aiutato a crescere. Ma, ovviamente, nella vita non si finisce mai di imparare; quindi, il mio percorso di sviluppo personale prosegue a vele spiegate.

Oltre a cantare, suoni anche qualche strumento?

Come dicevo, non si finisce mai di imparare. Durante il primo lockdown decisi di mettere a frutto il tempo a disposizione iscrivendomi a un Master in Event Managament presso lo IED di Roma. Contemporaneamente, iniziai a seguire lezioni di chitarra online con Andrea Pulicati, presenza ricorrente degli spettacoli live del mio ultimo bistrot. In verità, suono la chitarra da autodidatta fin dall’età di 18 anni ma il balzo in avanti, negli ultimi tre anni, è stato evidente grazie agli insegnamenti di Andrea e – aggiungerei – nonostante la mia incostanza!
Peraltro, colleziono chitarre e sono arrivato ad averne oltre 25 (ormai ho perso il conto). Inoltre, mi diletto con diverse percussioni, sempre da autodidatta.

La selezione dei brani che interpreti in MoM è piuttosto varia. C'è uno stile o un genere che prediligi?

Mi diverte molto l’appellativo di crooner, con tutte le sfumature ironiche che questo termine può evocare: quel piglio un po’ “piacione”, come si direbbe dalle mie parti.
Ho iniziato a studiare canto con Flavia Zanasi, facendo leva su questa mia “confortevole predisposizione”. Flavia mi ha aiutato ad espandere la mia zona di comfort e, per questo, le sarò sempre grato. Adesso canto generi come il Blues, il Rock, il Reggae, ma anche qualche pezzo Pop che mi diverte e sento nelle mie corde. In sostanza, non c’è un genere che prediligo: canto ciò che mi piace e non smetto mai di esplorare. Amo soffermarmi su tutto ciò che mi trasmette emozioni, nella speranza di poterle poi trasferire a chi mi ascolta, e mi piace farlo in diverse lingue, come è evidente dalla tracklist dell’album. Nel prossimo disco, mi piacerebbe inserire anche dei brani in spagnolo.
Vorrei aggiungere che ho una forte idiosincrasia per l’abuso che si fa oggi di artifizi vocali come, ad esempio, l’autotune. Preciso: non detesto lo strumento in sé ma l’uso eccessivo che se ne fa, soprattutto in Italia. Questa pratica porta a un’omologazione dei timbri e delle sonorità che spesso urta la mia sensibilità: un appiattimento plastificante. Per tale ragione, in MoM, non troverete alcun artificio vocale: al contrario, abbiamo preferito rendere presenti alcune “ruvidità”.

La figura di tua madre è stata, evidentemente, importantissima per il tuo debutto musicale. Da chi o da cos’altro trai ispirazione?

Sarò forse banale ma ritengo che la musica sia il più potente catalizzatore di emozioni. Sin da piccolo ne ero magnetizzato. Traggo quindi ispirazione da qualsiasi sonorità mi possa provocare un brivido. Peraltro, amando molto le figure di certi entertainer di una volta, mi piace “rubare” – e lo dico con il massimo dell’umiltà – da figure come Sinatra o Aznavour. Tuttavia, il più grande di tutti - l’inarrivabile - è per me Gigi Proietti. Amo moltissimo anche Gad Elmaleh, comico e attore francese di eccezionale talento, che apprezzo per la fisicità e duttilità espressiva. Mi fermo qui, perché la lista sarebbe davvero lunghissima.

Hai già in mente il prossimo progetto?

Da buon overthinker, mi piace sognare. Mentre mi concedo (sempre più spesso, per fortuna) momenti di meditazione con le mie chitarre, talvolta vengono fuori progressioni di accordi che prontamente registro (evviva la tecnologia!) e poi riascolto con il buon Pulicati. Spero che questa lenta e naturale produzione possa portare, un giorno, a un intero album di inediti. Nel frattempo, stiamo preparando un breve tour che partirà a settembre, per proporre questo primo progetto in diversi locali di Roma.

In copertina: Pio Perrone
immagini © Stefania Brovetto e Enrico Babuder

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