STORIE DI BAR E DA BAR - Intervista a Luca Urgu

STORIE DI BAR E DA BAR - Intervista a Luca Urgu

Luca Urgu si definisce un giornalista professionista on the road, perché ama girare con tutti i mezzi (in particolare, nella bella stagione, con la sua Vespa 125 TS verde militare, risalente al 1977) e cogliere “in movimento” le storie di cui poi scrive. Collaboratore di La Nuova Sardegna da tre anni, ha scritto articoli e reportage per l’Unione Sarda e ha collaborato con vari quotidiani e riviste (tra le quali Bell’Italia e Gambero Rosso) e con l’emittente regionale sarda Videolina. Ha firmato due reportage dal Kosovo, riguardanti la presenza militare italiana nella missione Kfor, e un servizio sulla sicurezza a Hong Kong, pubblicato sull’Eco di Bergamo. È proprio a Hong Kong che ho avuto il piacere di conoscerlo, nel 2018.

A metà aprile di quest’anno, in pieno lockdown, Luca ha aperto una pagina Facebook, battezzata Storie di Bar e da Bar, che ha subito registrato molto interesse e curiosità. Tantissime le storie che ha ricevuto. Cerchiamo di capire come è nato e come si è sviluppato questo progetto.

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Luca, raccontaci come ti è venuta l'idea di 'Storie di Bar e da Bar'.

La stessa domanda me la sono fatta anch’io, più volte, e non so risponderti con precisione. Ricordo, però, il momento e la situazione. Eravamo in pieno Covid con l’imperativo di non uscire di casa, salvo casi particolari e urgenti. Una mattina ero davanti al pc e la mia mente è approdata ad un episodio vissuto con degli amici qualche anno fa: senza programmarlo, senza averlo pianificato, ho iniziato a scrivere il primo breve racconto di quella giornata bella, pazzesca, per certi versi esilarante, conclusasi in un bar-tavola calda della ss 131 (il bivio di Lula). Un racconto scritto sul filo dell’emozione e del ricordo. Un inno all’amicizia e alla gioventù, più come stato mentale che come dato anagrafico. Dopo quella prima storia, che avevo postato nel mio profilo Facebook con una foto, si è materializzata l’idea di continuare la serie, estendendo l’invito a più gente possibile tra i miei contatti social (ma non solo). La cosa, devo dire con mia grande sorpresa, ha funzionato e sta funzionando. Abbiamo superato le ottanta storie, ma c’è ancora molto da dire.

Penso a Stefano Benni e al suo Il Bar sotto il Mare, dove tutto può accadere e dove tutti vorremmo capitare, per ascoltare i racconti del barista e dei misteriosi avventori. Sicuramente il bar assume sempre, nell'immaginario collettivo, il ruolo di luogo di incontri e confessioni. Nel tuo bar, che rappresenta tutti i bar del mondo, chi sono le persone che ti hanno inviato le storie? Amici? Conoscenti? Sconosciuti?  

Nel mio bar “bevono” tutti: brava gente, malfattori, signorine educate e di facili costumi. Un buon drink non si nega a nessuno. Devo dire che ci sono pervenute storie da molti autori, con professioni ed esperienze diverse. Si tratta soprattutto di racconti ma non mancano anche le poesie e gli aforismi. Il nostro è un bar poliglotta, dove si parla sardo (non a caso è la prima lingua) ma anche italiano, inglese, spagnolo, ecc. Sono emersi talenti incredibili, altri si sono riconfermati. In questo bar virtuale, il minimo comune denominatore – come in ogni buon bar sardo – è l’ospitalità. Chi viene in gruppo non paga singolarmente e nemmeno alla romana e qualche giro, se gli avventori si comportano bene e sono simpatici, lo paghiamo noi. Siamo cresciuti con questa tradizione e non la cambiamo o barattiamo di certo per qualche altra forma che spacca il centesimo. Ci farebbe solo venire il nervoso. Punto e basta.

Molti racconti del tuo bar riportano ai tempi passati in terra di Sardegna. Hai trovato un tema ricorrente nelle storie? Che cosa ti ha colpito maggiormente?

È vero: forse il tema della nostalgia in molti casi diventa ricorrente. Leggere come eravamo suscita sempre delle belle emozioni, così come resuscitare quei personaggi un po’ mitologici che animavano i nostri bar ci intristisce un po’ ma ci rassicura al tempo stesso. Tutto questo ci provoca una gran sete e ci porta di nuovo ad andare al bar, ad appollaiarci su uno sgabello e a far viaggiare la mente alla ricerca di chissà quale recondito angolo della memoria. È come ritrovare una vecchia pellicola o una foto ingiallita d’infanzia. Forse, senza esserne davvero coscienti, siamo andati – io per primo – a frugare nel passato e a rivivere quelle situazioni che ci erano piaciute.

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Ti sembra che, finiti i tempi del lockdown, la gente abbia prontamente sostituito il bar virtuale con quello reale, oppure c’è ancora interesse a continuare questa conversazione?

Il bar reale vince e sopravvive e non sarà sostituito da niente di virtuale. La gente va al bar per incontrare altre persone, per parlare, per evadere, per staccare alla conclusione di una lunga giornata di lavoro. Ovviamente anche per bere. I nostri bar, però, non sono luoghi di sbornie collettive ma di interazione, di produzione di idee e anche di cultura. Sì, anche di cultura: lo dico con convinzione!

Sulla vostra pagina di Facebook, come accennavi, sono già stati pubblicati un'ottantina di racconti. Hai qualche progetto o idea che ti piacerebbe sviluppare, partendo proprio da quanto raccolto?

In alcuni periodi, causa altre priorità, devo rallentare un po’, ma vi anticipo che sono in arrivo altre belle, bellissime storie da bar: di quelle capaci di lasciare il segno. E poi, nel periodo dell’interazione dei social, oltre alla pagina Facebook abbiamo anche quella Instagram e due domini web in fase di completamento: www.storiedabar.it  e www.storiedabar.com. Il progetto dovrebbe, in autunno, diventare una pubblicazione (siamo già in contatto con alcune case editrici) e stiamo studiando nei dettagli altri aspetti di interazione: in particolare, la parte musicale che accompagna il racconto (curata da Saro Franco) e il racconto audio delle singole storie, lette dalla fantastica voce narrante di Marco Moledda.

In un tuo articolo recente su La Nuova Sardegna ci parli di 'Area 122,7', l'area di servizio di Abbasanta lungo la strada a quattro corsie che attraversa da nord a sud la Sardegna e che, nel tuo racconto, diventa un luogo mitico di confine e di incontri, quasi fosse una città di frontiera con i suoi intrighi e misteri. A quanto pare ti colpiscono i luoghi di ritrovo, siano essi classici come i bar o più particolari, come i punti di sosta. Trovi che la Sardegna, con la sua storia e le sue caratteristiche territoriali, rivesta un ruolo importante in questo desiderio di incontro-racconto?

La Sardegna è un pezzo di mondo e un luogo dove c’è grande propensione all’incontro, alla socialità, alla solidarietà e all’amicizia. È dunque naturale che per me, senza niente togliere agli altri bar di altri contesti geografici nazionali e internazionali, qui in Sardegna la birra sia sempre più ghiacciata che altrove. E nei bar – soprattutto in quelli dei paesi più piccoli – bisogna sapersi muovere decifrando codici e sguardi. Inizialmente potremmo sembrare un po’ diffidenti ma, una volta conquistata la nostra fiducia, facciamo anche pagare il conto: un privilegio che si da solo a quelli che ormai hanno abbandonato lo status di ospiti, non a tutti.

Bar Marocco © Alessandro Tamponi

Bar Marocco © Alessandro Tamponi

È sempre confortante veder nascere un progetto legato alla scrittura, alla condivisione di voci: in generale, alla cultura. Auguriamo, quindi, a Luca che queste belle storie possano continuare ad arricchire la pagina Facebook di Storie di bar e da bar anche quando il COVID-19 ci avrà finalmente del tutto lasciati.  Vi invitiamo, intanto, ad esplorarla, a lasciare un ‘Like’ e – se siete interessati a contribuire – a contattare Luca sulla pagina stessa. Sicuramente il suo bar sarà ben lieto di aggiungere un tavolino e qualche sedia per voi.

P.S.: Alla richiesta di Luca di raccontare una mia storia da bar non ho saputo ovviamente resistere, e ho così narrato un episodio vissuto in un bar dell’esotica Bali. Lo trovate qui.

In copertina: Luca Urgu
immagine per gentile concessione dell’intervistato

 

 

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