MARTIN PARR - Catturare la vita con umorismo e ironia

MARTIN PARR - Catturare la vita con umorismo e ironia

Nel mondo della fotografia, pochi nomi hanno il peso e l'influenza di Martin Parr, la cui accattivante mostra Short & Sweet al Museo delle Culture di Milano, invita gli spettatori a intraprendere un viaggio attraverso le complessità della vita quotidiana.

L’esposizione fotografica – nata dalla collaborazione tra il Gruppo 24 ORE, l'Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e la Fondazione Deloitte – è stata inaugurata il 10 febbraio e resterà aperta fino al 30 giugno 2024.

Con riconoscimenti ottenuti da prestigiose collezioni alla Tate, al Pompidou e al MOMA, il lavoro di Parr trascende i confini convenzionali, offrendo un obiettivo attraverso il quale riflettere sulle complessità della società contemporanea.

Dalla stimolante serie Common Sense alla rappresentazione evocativa delle scene di spiaggia globali in Life's a Beach, le immagini di Parr risuonano offrendo una prospettiva schietta e non filtrata, spesso venata di umorismo e ironia.

In una conversazione con il fotografo di fama mondiale, abbiamo sondato le profondità della sua visione artistica, esplorando il suo approccio unico al documentario sociale, e il profondo impatto della fotografia nel catturare l'essenza di un mondo in continua evoluzione.

Martin Parr a Milano

Martin, cos’ha ispirato la mostra Short & Sweet e come è nata l'idea?

Questa mostra è una versione breve di una retrospettiva completa – il Parrathon, attualmente in mostra in Belgio – che copre alcuni dei temi da me esplorati per oltre cinquant'anni: da qui il titolo Short and Sweet. È stata organizzata da Magnum Photos e mostra una selezione di 200 immagini della serie Common Sense, oltre a 60 fotografie che ho scelto personalmente, offrendo agli spettatori un’idea dei miei primi lavori in bianco e nero degli anni '70 e '80, così come delle mie successive produzioni a colori.

Come si inserisce questa selezione nella narrativa più ampia della tua carriera?

L’esibizione punta lo sguardo su diversi capitoli della mia vita e diverse tecniche da me utilizzate nel tempo, offrendo un viaggio visivo attraverso la società contemporanea. È una prospettiva unica, che vuole mostrare i difetti che caratterizzano ognuno di noi al posto della propaganda solitamente rappresentata sulle riviste e che, al contrario, raffigura una perfezione inesistente nella vita reale. Raccontare queste storie può essere un processo divertente e ci può aiutare a vivere la vita quotidiana con umorismo, ironia e senso di liberazione.

La mostra esplora anche temi come la vita marina e il turismo. Cosa ti attrae verso questi argomenti?

Sì, ho dedicato gran parte della mia carriera fotografica documentando le spiagge e il turismo in particolare, focalizzandomi sulle attività ricreative del ricco Occidente. Negli anni, ho esplorato questi temi in modo differente: negli ultimi vent’anni, ad esempio, abbiamo assistito all’esplosione dei “selfie” e, successivamente, al declino dei selfie stick. È buffo come le cose cambino nel tempo. Inoltre, la spiaggia è il luogo in cui vedi le persone fare esattamente quello che vogliono, e mi piace soprattutto catturare la libertà che esprimono in quel tipo di ambiente.

In che modo decidi cosa fotografare?

Mi concentro solo sulle cose che ritengo interessanti. Come fotografo documentarista, sento la responsabilità di dover rispecchiare i tempi che stiamo vivendo e il rapporto che ne consegue. Questa convinzione mi ha spinto ad accumulare un archivio completo che copre oltre 50 anni, in cui offro la mia personale interpretazione di molti aspetti della vita contemporanea.

Parlando del tuo archivio, potresti dirci cos’ha ispirato l'apertura della Martin Parr Foundation e la volontà di focalizzarsi sulla fotografia documentaria britannica?

Abbiamo creato la Fondazione nel 2017 per acquisire e promuovere la fotografia documentaria britannica che, a mio avviso, offre una vasta gamma di lavori di alta qualità, spesso sottovalutati. Questa è la nostra occasione per mostrare al pubblico l’eccellenza della fotografia britannica attraverso conferenze, seminari e mostre. Da quando abbiamo aperto, abbiamo costruito un ottimo seguito e siamo davvero contenti di ciò che siamo riusciti a ottenere in un tempo relativamente breve.

Hai pubblicato oltre 120 libri. Puoi condividere il processo di curatela e raccolta del tuo lavoro in queste pubblicazioni?

Ogni libro è diverso e, ogni volta, il mio approccio varia e si adatta al contesto. Alcuni dei miei libri sono stati pubblicati da rinomati editori – ad esempio, ne uscirà presto uno nuovo sulla moda – mentre altri sono stampati da case editrici più piccole. Ognuno ha attraversato un processo creativo diverso ed è stato prodotto utilizzando tecniche differenti, principalmente a seconda del soggetto.

Secondo te, cosa distingue una fotografia davvero eccezionale e quale consiglio daresti agli aspiranti fotografi che cercano di raggiungere grandezza nel loro lavoro?

Un grande fotografo possiede uno stile distinto e inconfondibile, che lo rende davvero unico. Ottenere questo risultato è, come potete immaginare, molto difficile. Un giovane fotografo che aspira alla grandezza dovrebbe scegliere un soggetto cui tiene molto e impegnarvi tutte le energie. Un’ immagine diventa interessante solo quando riesce a riflettere la vera essenza dell’autore.

In copertina:
la locandina della mostra Short and Sweet
Immagine e video per gentile concessione del MUDEC

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